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Una prestazione maiuscola, arrivata tra lo stupore generale dopo anni difficili: Joaquin Correa è stato il protagonista assoluto del successo dell'Inter a Verona. Un sabato che è servito per ricordare a tutti le sue qualità, finite progressivamente nel dimenticatoio dopo il suo arrivo a Milano nell'estate del 2021. Eppure, c'è chi non ha mai dubitato di lui: Simone Inzaghi, il tecnico che lo ha voluto in nerazzurro. Un feeling, il loro, sopravvissuto alle panchine, alle prove opache e alle critiche di tifosi e media.
"Novembre 2018, Lazio-Milan, 65esimo minuto. Simone sta perdendo 1-0 e scruta la panchina in cerca di volti. Seduto dietro di lui, con lo scaldacollo tirato su, le braccia conserte e gli occhi di chi gli sta dicendo "sceglimi", c'è il Tucu Correa, arrivato in estate dal Siviglia e già protagonista con un paio di gol. A quei tempi era ancora l'uomo dell'ultima mezz'ora, quello da mandare in campo al posto di Luis Alberto, non un titolare ma neanche uno fuori dai radar. L'argentino è in un limbo, ma ne esce con il gol del pareggio realizzato all'ultimo minuto. Da lì in poi la sua vita biancoceleste cambierà di netto: sarà la spalla di Immobile e segnerà gol importanti, su tutti quello in finale di Coppa Italia contro l'Atalanta a fine anno e quello a San Siro contro i rossoneri in semifinale".
"Correa è rinato grazie a una pacca sulla spalla. In estate Inzaghi l'ha preso da parte e gli ha spiegato la situazione in modo chiaro, ovvero che avrebbe giocato le amichevoli ma che al tempo stesso sarebbe stato la quinta punta, dietro la Thu-La, Taremi e Arnautovic. L'argentino ha incassato con rispetto, ma si è sempre allenato al massimo. In ritiro è sempre stato uno dei migliori nei test fisici. Ha messo in conto l'idea di non giocare mai, ma anche quella di lasciare Appiano. La società ha provato a piazzarlo un po’ ovunque, dalla Grecia alla Turchia, ma senza successo".
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