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Il commissariamento di Massimo Moratti, che sabato sera aveva congelato una fase di lotte intestine in società e (in misura minore) nella squadra, ha dato il primo risultato tangibile: il 4-1 al Tottenham si può leggere in molti modi, ma è comunqueun segnale importante, sempreché abbia un seguito. Ad esempio, può lasciare molta amarezza negli interisti, perché c’era la possibilità di arrivare in semifinale, visto che il sorteggio dei quarti di Europa League ha abbinato gli Spurs al Basilea, squadra forte e organizzata, ma non insuperabile.
Oppure qualche rimpianto da parte di tifosi e giocatori, perché una squadra che riesce a giocare con l’intensità di giovedì non dovrebbe rimediare pessime figure come quelle collezionate nel 2013, soprattutto, ma non solo in trasferta, compreso il 3-0di White Hart Lane, che ha rovinato tutto. Ma la chiave di lettura migliore l’ha data proprio il presidente, quando ha parlato di «orgoglio della tradizione. È stata una grandissima impresa; l’Inter ha fatto una cosa bellissima, che rimarrà nella memoria di tutti i tifosi».
È successo più o meno quello che spiegava anni fa Trapattoni, quando era allenatore della Fiorentina e la squadra, fra campionato e Champions League, non girava: «Prima o poi risaliremo; non si può scendere troppo in basso, perché al centro della terra c’è il fuoco e ci si scotta». È come se l’Inter tutta, sommersa dalle critiche e dalle tensioni interne, abbia trovato all’improvviso le energie per una reazione non soltanto nervosa, ma anche fisica e contro un avversario, che ha messo in campo tutta la presunzione di Villas-Boas, abbia dimostrato di avere ancora risorse importanti, nella fase decisiva della stagione.
Non si spiega altrimenti la partita di Cassano: una volta di più ha fatto vedere di aver vissuto al 5%, buttando dalla finestra una carriera che sarebbe stata straordinaria, ma quello che ha fatto contro il Tottenham verrà ricordato, perché poche altre volte lo si era visto mettere in campo tutto quanto aveva, anche sul piano fisico. Il punto ora non è se l’Inter sia con Stramaccioni (quandosi vince si è tutti amici; quando si perde la febbre sale ovunque), ma capire se la partita con il Tottenham è stata la follia di una notte da Inter o il segnale di una svolta reale.
Lo ha sottolineato Moratti, parlando della «speranza che questa gara della quale siamo tutti molto fieri sia di buon auspicio per il futuro». Lo dirà, ma soltanto in parte, la partita di domani sera contro la Sampdoria (poi la sosta per le nazionali, poi sabato 30 la Juve). Ancora il presidente: «La cosa negativa di giovedì sera possono essere stati proprio i tempi supplementari. Anche se nell’insieme il tutto è positivo, almeno per il morale. È importante trovare le energie fisiche per fare bene con la Sampdoria».
Delio Rossi, che allena i blucerchiati, ha cercato di negare l’evidenza (gli avversari affaticati): «È stata una partita di grande impegno, fisico e mentale, ma loro sono abituati a giocare ogni tre giorni. Se fossimo stati noi a scendere in campo giovedì ci sarebbero stati problemi seri. Domani l’Inter giocherà da Inter, come al solito».
Dipende da che cosa intende Rossi per «solita Inter». Resta il fatto che la partita contro il Tottenham ha messo in evidenza almeno un punto fermo: il sistema di gioco che più si adatta all’Inter in questo momento è il 4-3-1-2, anche se questo può portare al sacrificio di Schelotto e a un superlavoro per gli attaccanti (che sono soltanto due). Ma stanno per rientrare uomini importanti (Samuel) e siccome adesso non c’è più l’Europa League, una partita a settimana si può anche reggere.
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