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CorSera – Calcoli sbagliati. Le prime mosse di Thohir non convincono gli interisti…

Erick Thohir non è contento di questa Inter; gli interisti, cioè il mondo che sta intorno ai nerazzurri, non sono contenti né di questa Inter, né di Thohir. Come si cantava nel 1987, si può dare di più. Quando Massimo Moratti aveva preso la...

Francesco Parrone

Erick Thohir non è contento di questa Inter; gli interisti, cioè il mondo che sta intorno ai nerazzurri, non sono contenti né di questa Inter, né di Thohir. Come si cantava nel 1987, si può dare di più. Quando Massimo Moratti aveva preso la società, nel febbraio 1995, l’aria era molto diversa e non soltanto perché il primo acquisto ipotizzato era Cantona. È un momento di forte depressione e l’immagine che la riassume è il fatto che Walter Mazzarri da un po’ di tempo indossi il cappotto, lui che, in inverno se ne stava in panchina in giacca o in camicia. È naturale che non sia di buonumore. Considerava l’Inter come un punto di arrivo, dopo una carriera iniziata ad Acireale in C2 nel 2001 e costruita passo dopo passo, pensando molto al lavoro e pochissimo alle pubbliche relazioni. È arrivato a Milano, sognando di riportare in alto i nerazzurri e invece ha scoperto che non sempre la vita è semplice: Moratti ha lasciato; la squadra non ha ancora metabolizzato il cambio; i giocatori, dopo un inizio promettente, hanno riscoperto la paura di sbagliare; le attese sono inversamente proporzionali alle esigenze di bilancio; gli eventi (rigori non dati e affini) sono stati tutti contrari.

La necessità di valutare fino in fondo la rosa a disposizione, ora che il mercato è aperto, ha indotto Mazzarri a schierare l’Inter di Udine e non tutto è andato storto, nonostante l’eliminazione (comunque pensare che questa Inter avrebbe potuto vincere la coppa era come minimo un azzardo) e la qualità del gioco: se Samuel cresce di condizione, è sempre il migliore; Milito ha dimostrato di star bene e non è poco, con tutto quanto gli è capitato negli ultimi undici mesi. I problemi sono altri: Kovacic non riesce a esplodere; Guarin non decolla; Alvarez giocava meglio tre mesi fa; Palacio non ha ancora ritrovato la condizione prenatalizia. Il vero problema è che il miglior acquisto dell’estate, Mauro Icardi, uno che avrebbe potuto fare la differenza, è ancora bloccato dalla pubalgia (corsa sulla sabbia anche ieri) e in perenne luna di miele, il che non aiuta a guarire; magari fra dieci anni, scoprirà di aver buttato via una carriera, ma ormai sarà tardi.

Al momento, però, la domanda è più societaria che tecnica: e se Thohir avesse sbagliato i calcoli? Storicamente chi acquista un club si presenta al mondo con innesti di peso, giusto per far vedere di essere il migliore. Una questione di (legittimo) orgoglio che ha trasformato l’atteggiamento quasi in una regola. Senza rifarsi al Milan berlusconiano o all’Inter morattiana, il caso del Paris St. Germain, acquistato dai qatarioti nel 2011, è emblematico di che cosa significhi avere una proprietà che non bada a spese, da Leonardo d.t. a Ibrahimovic e Thiago Silva (2012), fino a Cavani (2013). Quello che non si è ancora capito bene è se i soldi che Thohir intende destinare all’Inter (per ora ha versato 75 milioni al momento di assumere la presidenza del club, il 15 novembre, otto settimane fa), comprendano soltanto la copertura del rosso di bilancio. Le perdite accumulate negli anni sono consistenti, ma non si può dire che rappresentino una sorpresa, visto che gli uomini del presidente hanno analizzato i conti interisti per mesi. 

Nel frattempo è stato promesso un lancio del marchio sul mercato asiatico per aumentare i ricavi (c’è il fair play finanziario dell’Uefa), ma se Thohir vuole davvero riportare l’Inter in alto in tempi brevi, non ha che da programmare un paio di innesti a gennaio e una sontuosa campagna-acquisti per l’estate 2014. Giocatori di peso e di personalità, rinviando il lancio dei giovani a data da destinarsi. Sempreché ci sia la volontà di investire, sorretta da capitali adeguati. Sennò, basta chiarire che l’Inter dovrà abituarsi a un ruolo di secondo piano, quello che Moratti, magari sbagliando, non ha mai accettato, anche nei momenti difficili. Confrontare l’Inter del 9 gennaio 2010 (4-3 al Siena al 93’, gol di Samuel) e quella del 9 gennaio 2014 (1-0 per l’Udinese) può aiutare a capire. Tutto il resto è relativo.