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CorSera – Curve senza coreografie per la Digos. Gli agenti volevano…

La riapertura delle curva Nord, quella interista, da parte della Corte di giustizia federale — un dietrofront rispetto alla legge «pasticcio» sulla discriminazione territoriale (copyright: il premier Enrico Letta) —, aveva lasciato sperare...

Francesco Parrone

La riapertura delle curva Nord, quella interista, da parte della Corte di giustizia federale — un dietrofront rispetto alla legge «pasticcio» sulla discriminazione territoriale (copyright: il premier Enrico Letta) —, aveva lasciato sperare che, anche in Italia, un derby alla vigilia di Natale potesse essere soltanto la festa di una città. Magari fatta anche di cori faziosi, di striscioni carichi di rivalità, di sfottò da una parte all’altra degli spalti e dei Navigli. Ma, soprattutto, delle tradizionali coreografie, faccia pulita del tifo organizzato, la parte più spettacolare del discusso universo ultrà. Invece, all’entrata in campo di Milan e Inter, ieri sera, le curve sono rimaste spoglie, svuotate, orfane di madonnine e duomi, casate e stemmi, diavoli e biscioni. Con le poche bandiere in primo arancio a sancire un desolante scenario nonostante il pienone, una sconfitta per tutti.

Al mattino, infatti, dopo il tradizionale ritrovo dei tifosi per l’organizzazione delle coreografie, gli agenti della Digos della Questura di Milano hanno stoppato cinquanta bandiere, alcuni stendardi e striscioni della curva Sud, quella del Milan, chiedendo ai capi ultrà di srotolare la coreografia sul piazzale dedicato ad Angelo Moratti. Trenta metri per trenta di dimensione, un lavoro di due mesi da parte di trenta persone, il cielo carico di pioggia: i tifosi si sono rifiutati per timore di «rovinare uno striscione privo di contenuti razzisti e provocatori e già approvato dalla società come da prassi».

La polizia ha tuttavia interpretato «la recalcitranza dei tifosi a mostrare la coreografia», nella «presunzione che i contenuti fossero diversi da quelli preventivamente autorizzati». In tutta conseguenza, anche i tifosi rivali dell’Inter hanno deciso di evitare lo spettacolo pre-match, in solidarietà agli ultrà rossoneri, altro capitolo di quell’«alleanza» contro le decisioni (ritenute «cervellotiche») che avrebbero tenuto fuori dallo stadio anche i sostenitori milanisti, nel caso la curva Nord non fosse stata riaperta dopo le discriminazioni territoriali nerazzurre dell’ultima trasferta a Napoli.

Il cortocircuito tra forze dell’ordine e ultrà era iniziato già nella notte di sabato, quando polizia, pompieri, tecnici dell’Asl e Annonaria avevano effettuato un blitz al Clan 1899 di Sesto San Giovanni, ritrovo rossonero, dove 300 ultrà si erano riuniti per la tradizionale festa di Natale. Un’ispezione tesissima con tanto di camionette con gli abbaglianti accesi davanti all’ingresso in via Sacco e Vanzetti. Così al mattino seguente il clima era nervoso, con i tifosi di entrambe le squadre pronti a disertare la stracittadina numero 282 (tutto compreso), dopo lo stop agli striscioni. Durante i 90 di gioco, il derby sugli spalti è filato via liscio, senza disordini (fischi a Balotelli esclusi). Ma tristemente anche senza coreografie come accaduto solo poche altre volte in passato: il 20 dicembre 1987, dopo che la settimana prima un tifoso del Milan aveva lanciato due petardi contro il portiere della Roma, Tancredi (al suo posto esordì un giovanissimo Peruzzi); e il 14 aprile 2006 quando i tifosi dell’Inter erano nel bel mezzo di una violenta contestazione contro la squadra di Mancini, appena eliminata dalla Champions dal Villarreal, con i giocatori minacciati fisicamente alla vigilia del derby. In quell’occasione, venne esposto soltanto uno striscione: «Noi non ci siamo perché voi non ci siete mai stati».