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CorSera – Deferito Moratti. All’AiA si facciano delle domande…

Francesco Parrone

Previsto e prevedibile, è arrivato il deferimento di Massimo Moratti, per «giudizi lesivi della reputazione ed in particolare della buona fede e della imparzialità degli ufficiali di gara e conseguentemente, della regolarità del...

Previsto e prevedibile, è arrivato il deferimento di Massimo Moratti, per «giudizi lesivi della reputazione ed in particolare dellabuona fede e della imparzialità degli ufficiali di gara e conseguentemente, della regolarità del campionato a causa dell’operato degli arbitri, così ledendo la reputazione degli organismi operanti nella Figc, nonché il prestigio e la credibilità della medesima istituzione».

Giudizi rilasciati al termine di Inter-Atalanta (3-4). Deferita anche la società nerazzurra: responsabilità diretta. Il presidente dell’Inter, domenica sera e lunedì pomeriggio, era stato molto chiaro: «Non credo alla buona fede; nel dubbio ci fischiano contro», aveva detto a commento del non fallo di mano di Samuel su Denis. Ieri il d.g. dell’Atalanta, Pierpaolo Marino, ha spiegato che, vista e rivista l’azione, il fallo di Samuel «c’era ed era chiaro, dunque era rigore».

Il difensore argentino, a Inter Channel, ha cercato di chiudere l’episodio: «Per me è finita. Una volta che si fischia la fine della partita, il meglio sarebbe smettere di parlare, altrimenti non si va più avanti. È normale che io provi dispiacere per il rigore che hanno fischiato per un mio presunto fallo contro l’Atalanta, questo sicuramente, ma ora dobbiamo andare avanti».

Moratti ha definito il deferimento «ovvio e conseguente». Ma, al di là della prevedibile inibizione/squalifica, servirà per chiarire una questione emersa, quando il numero uno degli arbitri, Marcello Nicchi, aveva «esonerato» il presidente interista. Nell’occasione aveva detto: «Gli arbitri sono atleti, che sbagliano come tutti. Una cosa è certa al 110%: la loro assoluta buona fede. Chi non ha fiducia nelle componenti federali non può fare calcio. Da spettatore mi sto facendo due domande: come abbia fatto l’arbitro a fare quell’errore e come abbia fatto Ranocchia a sbagliare quel gol. In campo ci sono stati due atleti, uno che fa l’arbitro e l’altro che fa il calciatore. Hanno sbagliato, siamo 1-1». 

Le domande sono semplici: gli arbitri offrono alle società un servizio (per il quale sono retribuiti, con ingenti costiper la federazione) e scendono in campo per garantire la regolarità del campionato oppure si ritengono una componentepolitica, alternativa alle società? E ancora: il presidente degli arbitri ritiene che sia corretto equiparare i suoi tesserati ai calciatori? Ed è ammesso il diritto di critica da parte di un presidente, che accetta il conseguente deferimento da parte degli organi disciplinari della Federcalcio?