- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
ultimora
È un’altra Inter, un’Inter che adesso funziona. Questo ha detto il successo con il Verona, che in casa non vince dal 22 dicembre (Lazio), ma che aveva rimontato due gol alla Juve e che resta una bella squadra, anche se in un momento in cui non tutto gira per il verso giusto, come vorrebbe Mandorlini (150 panchine gialloblù). Non sono soltanto i due gol (Palacio, 13° rete, giusto per bagnare il contratto e Jonathan, uno per tempo) a dare il senso di un’Inter trasformata, rispetto a quella di dicembre-gennaio e non sono nemmeno i numeri, che pure certificano il buon momento (14 punti nella ultime sei partite, senza sconfitte) o il quarto posto in attesa della Fiorentina.
È il modo in cui i nerazzurri hanno cominciato a muoversi, a giocare, a credere in se stessi, ad essere squadra, che autorizza l’idea di una metamorfosi reale, rispetto alla squadra che stentava contro tutti e tutto. Mazzarri ha vissuto mesi tremendi, ma, salvo smentite dal campo, è proprio nel periodo più buio che ha costruito, attraverso la sofferenza, una squadra non più all’anno zero. L’Inter è partita forte ed è arrivata al riposo in vantaggio, ma con il fiatone e tra molti tormenti. Nei primi venti minuti, ha colpito la traversa con Icardi (colpo di testa), ha avuto un’altra buona occasione ancora con l’argentino (a lato), è andata in vantaggio con Rodrigo Palacio, liberissimo in area, per correggere il cross dal fondo di Jonathan (14’) e ha continuato a spingere con forza, cercando il raddoppio. Gioco veloce, buona occupazione del campo, movimenti negli spazi, cross dal fondo: i nerazzurri hanno rubato l’iniziativa all’avversario e hanno messo in vetrina un calcio rigoroso e organizzato.
Il Verona è entrato in partita a metà primo tempo e la scossa è venuta da una conclusione a lato di Marquinho. È qui che ha cominciato a giocare anche Toni, rimasto senza rifornimenti fino a quel momento ed è iniziato il duello rusticano con Ranocchia, sfociato nell’episodio che alla mezz’ora ha creato una specie di sollevazione popolare: il contatto in area fra i due piedi c’è stato, il rigore non sarebbe stato illegittimo, ma Toni, in equilibrio precario, ha accentuato la caduta, dopo aver perso l’equilibrio e questo ha indotto arbitro (Banti) e giudice di porta (Rocchi) a non fischiare il rigore (e a non ammonire l’attaccante per eventuale simulazione).
Sulla spinta di uno stadio sempre più in ebollizione, il Verona è andato avanti con violente accelerazioni e l’Inter ha cominciato a sbandare, anche se ha dato l’impressione di riuscire sempre a tenere in fase difensiva, con linee vicine e compatte. Toni ha cercato in tutti i modi di fabbricarsi lo spazio per colpire, ma in un gioco di spinte date e ricevute è sempre stato murato dagli avversari. Resta il fatto che pur contenendo gli impeti gialloblù, soprattutto sulla corsia di destra, dove D’Ambrosio e Hernanes hanno offerto una modesta resistenza e non sono mai riusciti a ripartire, l’Inter ha molto ballato e ha perso troppe palle.
I nerazzurri hanno ripreso in mano la partita a inizio ripresa, dopo un intervento decisivo di Ranocchia in area. Hernanes ha colpito la traversa su punizione, ma è stata tutta la squadra che ha trovato i tempi e lo spazio per distendersi, arrivando abbastanza facilmente a portare il pallone nella zona calda. E dopo l’errore di Iturbe, i nerazzurri hanno costruito il secondo gol, nato da una intuizione di Hernanes, per Jonathan: primo tiro ribattuto da Rafael, che nulla ha potuto sul secondo. Il Verona ha avuto il merito di non arrendersi e il pallone per riaprire la gara, ma Moras di testa, solo in area, ha mandato alto (27’). E allora è uscita di nuovo l’Inter, che ha fatto possesso palla e che ha ottenuto la possibilità del tris. È stato Handanovic a negare al Verona anche un gol, con un doppio intervento nel recupero su Iturbe e poi su Romulo. Ma sarebbe stato comunque tardi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA