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CorSera – ET pentito: WM da esonerare dopo Firenze. Si attendono dimissioni Fassone

La notizia del cambio di allenatore dell’ Inter, lanciata in anteprima da Gianluca Di Marzio alle 11.08, è diventata ufficiale alle 12.45 (esonero di Mazzarri) e alle 17.29 (l’annuncio del ritorno di Roberto Mancini). A giochi fatti (oggi...

Francesco Parrone

La notizia del cambio di allenatore dell’ Inter, lanciata in anteprima da Gianluca Di Marzio alle 11.08, è diventata ufficiale alle 12.45 (esonero di Mazzarri) e alle 17.29 (l’annuncio del ritorno di Roberto Mancini). A giochi fatti (oggi l’epifania del nuovo tecnico ad Appiano alle 14), restano tre domande. La prima. Perché Erick Thohir ha deciso di esonerare Mazzarri? A convincere il presidente al grande passo, sono stati due episodi legati alla partita di domenica con il Verona (2-2, come Brescia-Inter del 18 ottobre 2003, costata la panchina a Cuper): una contestazione senza precedenti da parte dei tifosi, in uno stadio sempre più vuoto; l’idea che Mazzarri avesse perso il controllo della situazione, impressione che lo stesso Thohir aveva già avuto alla vigilia del match e avallata dalle parole pronunciate dal tecnico a fine gara (ad esempio, ma non solo: «... e poi ha iniziato a piovere»). Non è mai venuta meno la fiducia nelle qualità di Mazzarri (primo esonero in carriera), nella sua preparazione e nel suo impegno. Ha detto Thohir: «È stata una scelta difficile perché Mazzarri ha sempre sostenuto le scelte del club, lavorando instancabilmente e con grande altruismo per l’Inter, con passione e convinzione. Lo voglio ringraziare per tutti gli sforzi profusi».

Il problema è che Mazzarri è entrato nella centrifuga nerazzurra (copyright: Trapattoni), è stato preso in contropiede dal cambio di presidenza, si è incartato e ha pagato il conto. Thohir (è passato un anno dall’investitura) aveva sperato in una vittoria sul Verona, che gli avrebbe evitato di procedere ad un esonero anche costoso (Mazzarri ha un contratto in scadenza il 30 giugno 2016 a 3,5 milioni netti all’anno); ha valutato la possibilità di resistere fino al derby; poi ha capito che era già stato un errore non cambiare dopo Fiorentina-Inter (3-0, 5 ottobre).

Seconda domanda: perché il cambio di panchina soltanto al venerdì? Thohir ha rotto gli indugi martedì, dopo aver confessato a Moratti tutte le sue preoccupazioni nella colazione di lunedì, dove non si è parlato di aumento di capitale e di quote azionarie; mercoledì è partito per Giakarta e ha dato mandato al suo staff di agganciare Mancini. La trattativa, non semplice, è partita subito e l’operazione si è concretizzata giovedì notte, dopo l’incontro a Jesi fra il ceo nerazzurro, Bolingbroke, il d.g. Fassone, guarito all’improvviso dall’influenza (si attendono le dimissioni, dopo essere stato fautore del prolungamento del contratto non in scadenza di Mazzarri) e l’avvocato Silvia Fortini

Ieri sono stati sistemati i dettagli: contratto fino al 30 giugno 2017 (4 milioni all’anno). E un tweet: «Una nuova stimolante sfida, sono contento di riabbracciare i tifosi nerazzurri». Terza domanda: perché Mancini? In tanti hanno visto la regia di Moratti, nel convincere Thohir a cambiare e Mancini ad accettare l’Inter. L’ex presidente si è sempre esposto in prima persona e non ha bisogno del ruolo di suggeritore. Più di un mese fa, aveva parlato con Thohir delle sue esperienze con gli allenatori e si era soffermato anche sul nome di Mancini. È stato Thohir a spiegare il perché della scelta: «Ilnostro obiettivo è quello di riportare l’Inter a essere uno dei top club d’Europa ed è per questo che sono felice di dare il bentornato a Mancini. La sua carriera all’Inter come altrove parla per lui. La sua esperienza internazionale, così come la sua voglia di successi, porterà la squadra a un livello più alto». È un segnale forte che il presidente ha voluto lanciare in un momento di profonda depressione collettiva: l’Inter che non si rassegna, che non ci sta a vivacchiare, che vuole tornare in alto, anche con un dribbling al fair play finanziario. Come se fosse tornato Moratti.