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Il tempo passa, ma il 16 maggio resta una data particolare nella storia dell’Inter. Cinquant’anni fa (e quattro giorni dopo il 3-0 al Liverpool), era arrivato il 2-0 alla Juve a Torino, con gol di Suarez («oggi sarò allo stadio, sento molto la rivalità con i bianconeri») e Bobo Gori, segno che la Coppa Campioni (o la Champions League di oggi) logora chi non la fa. Un successo decisivo per tornare in testa al campionato (Milan battuto dalla Roma), dopo l’inseguimento iniziato il 7 febbraio. Il 16 maggio di sei anni fa, un sabato, l’Inter aveva vinto lo scudetto ad Appiano Gentile, mentre era in ritiro (prima di giocare a San Siro con il Siena), come conseguenza diretta della sconfitta del Milan nell’anticipo di Udine. Il 16 maggio 2010, era arrivato lo scudetto n. 18, questa volta giocando, a Siena, con il gol di Milito, seconda tappa della corsa verso il triplete, a sei giorni della sfida di Madrid con il Bayern Monaco.
Oggi Inter-Juve è anche la partita fra le ultime due finaliste italiane di Champions League, una specie di eurostaffetta, ma ad avere necessità di raccogliere punti è l’Inter, che insegue ancora un posto per andare in Europa. E, come ha ricordato Mancini, «ormai il campionato è quasi finito; noi ci giochiamo la qualificazione all’Europa League oggi e con il Genoa fra una settimana, perché credo che prima dell’ultima partita, quella con l’Empoli, le posizioni saranno definite». Dunque, una partita da dentro o fuori. Essendo nel calcio da qualche tempo, il tecnico interista sa bene che quando le gambe girano, la squadra è forte e si gioca a memoria, si possono anche cambiare gli interpreti senza che il prodotto cambi. I cinque titolari non convocati non fanno diminuire il valore di un gruppo apparso fortissimo per tutta la stagione: «La Juve ha meritato di vincere il campionato e complimenti per la finale di Champions; cambieranno alcuni giocatori, ma chi giocherà, vorrà fare bella figura. E sarà una gara vera». E poi all’Inter mancano l’uomo più in forma del momento (Hernanes, squalificato) e l’enigma-Guarin (infortunato).
Tutto lascia pensare che giocherà Shaqiri da trequartista: «È cresciuto anche fisicamente e se dovesse toccare a lui, spero faccia una grande partita». Il punto è che se gli interisti avessero dato retta a Mancini, quando parlava di terzo posto, la partita con la Juve avrebbe potuto essere poco più di un’amichevole. Invece, dopo aver buttato i punti dalla finestra (soprattutto a San Siro), adesso si ritrovano a dover salire su un treno in corsa, anche se la vittoria con la Lazio ha dato l’immagine di una squadra tonica che sa cosa vuole. Mancini ha ribadito che «il bilancio della stagione come risultati è negativo, perché abbiamo perso troppi punti, ma il gruppo è migliorato nel gioco e adesso è una squadra».
Il resto verrà se la società saprà muoversi in sintonia con le indicazioni dell’allenatore, con innesti mirati e con una strategia adeguata alla storia nerazzurra: «Il presidente Thohir farà investimenti; vuole avere un’Inter vincente e la squadra verrà sicuramente migliorata. A Touré ho scritto un messaggio d’auguri per i suoi 32 anni, ma il contenuto resta privato. Il fair play finanziario c’è e lo sappiamo. Uscite uguali alle entrate? Vedremo. Bisogna comunque cedere, ma raggiungere il pareggio mi sembra comunque difficile. Kovacic piace al Barcellona? Sta crescendo e ha margini di miglioramento enormi. È un giocatore sul quale puntiamo e non possiamo cedere i migliori. Handanovic? Ha una situazione particolare, è uno tra i migliori d’Europa, vuole giocare la Champions ed è anche una cosa logica. Restare dipende anche da lui e sono scelte che vanno rispettate. In ogni caso qualcuno arriverà e qualcuno partirà, perché non possiamo avere una rosa di 30 giocatori». Prima di pensare a quello che sarà, c’è da pensare a quello che è. La Juve.
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