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Applausi all’Inter, applausi dall’Inter, dopo la disfatta con il Tottenham. È successo ieri sotto la pioggia di Appiano: i tifosi, radunati sulla tribuna dove il 16 maggio 2009 avevano festeggiato di notte il primo scudetto di Mourinho, sono stati sorprendenti nella dimostrazione di affetto verso una squadra che, non riuscendo a farlo in campo, ha ringraziato presentandosi sul prato, il giorno dopo aver (quasi) perso l’Europa.
Oggi l’Inter compie 105 anni e li dimostra tutti in questo tormentato inizio di 2013, nel quale, a parte la reazione di Catania, ha collezionato una lunga serie di figuracce lontano da San Siro: tre gol presi a Udine, per cominciare, un discreto 1-1 con la Roma all’Olimpico, prima della caduta verticale con Siena (tre gol) e Fiorentina (quattro). In attesa di capire se è stato peggio il coro ascoltato a Firenze sul 4-0 per i viola («il pallone è quello giallo») o quello di White Hart Lane («what time is your Easyjet?»; «a che ora è il vostro volo?»), gli applausi di Appiano dimostrano che i tifosi hanno capito che la squadra non poteva arrivare in fondo in Europa e che il Tottenham è stato superiore in tutto.
Forse è stato un modo civile di esprimere la propria rassegnazione. Sulle cause dell’annata prima ottima e poi negativa si dibatte da mesi. Chi dovrebbe dire almeno «abbiamo sbagliato alcuni acquisti» e chiedere scusa, perché nella vita capita disbagliare, se ne sta zitto. Giovedì sera Stramaccioni aveva un’espressione da far spavento e soltanto lui sa se il gruppo è ancora dalla sua parte: a Catania sembrava di sì, a Firenze o a Londra no.
L’Inter, indebolita dagli infortuni (da Milito a Samuel a Obi, indisponibile per definizione) e dalle tensioni (Cassano, al momento improponibile), appena trova un avversario più forte si scioglie; ne subisce il gioco; non reagisce; corre poco e male; ha lo spirito di chi sogna di tornare a casa.
Massimo Moratti era in tribuna a Londra; non pensava a una notte trionfale, ma nemmeno a una batosta del genere. A Inter Channel ha offerto parole di speranza, non solo perché oggi è il compleanno nerazzurro: «L’Inter è unica perché legarsi a lei significa essere pronti a vivere una vita emozionante. Questo compleanno lo dobbiamo festeggiare con il piacere e l’orgoglio di essere interisti e come in tutti i compleanni ci si promette di continuare con la stessa passione, come indubbi sono lo sforzo, il senso del dovere e il piacere di poter servire questa società».
Il discorso di Stramaccioni prima del Tottenham, nel quale aveva chiarito che in fondo conta soltanto il terzo posto per tornare in Champions League (se si supera il playoff) e alcune scelte di formazione non hanno entusiasmato il presidente, che però continua a credere nel tecnico sul quale ha puntato: «Era una scommessa e ha risposto positivamente alle difficoltà del ruolo», ha ribadito il presidente.
Però è venuto il momento che anche Stramaccioni dimostri di essere padrone della situazione e che chiarisca con i fatti se il terzo posto resta un traguardo difficile, ma reale. Il playoff di Champions significherebbe continuare con investimenti onerosi, come in questi ultimi due anni, dove il presidente ha speso molto, anche se per giocatori non all’altezza. Sono già stati presi Andreolli e Campagnaro, in scadenza, e c’è un’intesa per Icardi della Samp. Esiste la voglia di rinnovare e costruire ripartendo dai giovani, ma serve la Champions, per bilancio e immagine. La ristrutturazione di società (da Parigi insistono sul ritorno di Leonardo) e squadra non è più differibile.
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