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"Due squadre, uno stadio. Vicino però all’altro stadio, quello storico di San Siro.
Che non può essere demolito a causa del vincolo, ma può essere rifunzionalizzato qualsiasi cosa voglia dire". Apre così il Corriere della Sera il suo focus sul tema futuro stadio di Milano, con Inter e Milan che definitivamente chiuso le porte all'ipotesi ristrutturazione del Meazza: "È l’ultimo colpo di scena di una telenovela che va avanti da cinque anni. Ieri, Milan e Inter si sono presentate a Palazzo Marino per mettere la pietra tombale sul progetto di riqualificazione del Meazza firmato da Webuild e dire al sindaco Beppe Sala, che no, la riqualificazione costa troppo e non è fattibile e quindi è preferibile riportare le lancette dell’orologio al 2019 quando impazzavano i rendering della Cattedrale di Populous e Gli Anelli di Manica Crm.
Ma a differenza del 2019, adesso sul Meazza pesa il vincolo della Sovrintendenza e due impianti a cento metri l’uno dall’altro sono fantascienza. A meno che la Sovrintendenza ammorbidisca il vincolo o le squadre riescano a presentare un progetto che preservando il secondo anello del Meazza trasformi la Scala del calcio in un’oasi verde. Percorso tortuoso e pieno di ostacoli, ma sia il sindaco Sala sia i club con le rispettive proprietà parlano di un incontro positivo. Prima però di imboccare ufficialmente la vecchia strada, i club hanno fatto tre richieste preventive al Comune: conoscere il valore dello stadio e delle aree; capire se il vincolo della Sovrintendenza è modificabile; sapere i tempi del possibile acquisto del Meazza e aree limitrofe.
Se la risposta sarà positiva, il sindaco chiederà formalmente alle due squadre di stoppare qualsiasi progetto che porti rossoneri e nerazzurri fuori da Milano. Fino a quel momento, fino a quando non si saprà che fine farà il vincolo sul Meazza, sia il Milan sia l’Inter andranno avanti sul progetto di uno stadio in comune fuori da Milano. Continua la partita a scacchi che tiene impegnati da anni Comune e squadre. Se da una parte sfuma definitivamente San Siro rimesso a lucido dall’altra si riapre la porta a un impianto comune in città, perché entrambe le squadre sono consapevoli che costruirsi da soli il proprio stadio non è economicamente sostenibile. Quindi si riparte da quello che era il Piano A. Ma con due modifiche radicali. La vendita del Meazza e delle aree tramite una gara pubblica e l’impossibilità di radere al suolo la Scala del calcio".
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