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"L'aria della sera è frizzante, l’umore è buono, il clima è umido ma perfetto per rendere possibile una missione complicatissima. L’Inter è atterrata alle 20.02, quasi al momento del tramonto sul Bosforo, dove l’orologio è un’ora avanti. Ma sul campo bellissimo dell’Ataturk potrebbe essere prima di tutto una questione di spazio, oltre che di tempo e ritmo". Apre così l'articolo del Corriere della Sera in merito alla finale di Champions League: il City, numeri alla mano, è una squadra che recupera palla e ricomincia l'azione più distante dalla propria porta di tutta la Champions (quasi 48 metri) mentre l'Inter, all'opposto, aggredisce e riparte più bassa di tutti gli altri (38,4 metri).
"Quello che rende il City una squadra più completa e stabile rispetto alla finale 2021 persa con il Chelsea è il centravanti: Haaland non segna da 4 partite, il digiuno più lungo, ma ha fatto 52 gol in 52 gare, 12 dei quali in Champions, 1 ogni 63’. Da aprile solo in due hanno partecipato a più azioni vincenti (gol o assist) del norvegese, fermo a 14 (10 più 4). E si chiamano Lautaro (11 più 4) e Lukaku (9 più 5). Il belga però non è mai partito titolare in 12 notti di Champions. E tutto lascia pensare che non lo farà nemmeno domani", conferma poi il CorSera
"La missione è non abbassarsi mai troppo, anche se il City non ama le difese a tre (ultimo k.o. col Tottenham di Conte). Inzaghi vuole una squadra corta, che tolga profondità allo squalo norvegese. Un’Inter equilibrata, coraggiosa e consapevole dei rischi senza essere passiva: coi cambi di campo fra gli esterni e le ripartenze di Barella e Mkhytarian, con Dzeko regista offensivo e Lautaro che si butta nello spazio, si può pensare di togliere certezze al City. E di infilarsi in una crepa del quadrato magico. Per entrare in un’altra dimensione", chiosa il quotidiano.
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