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Tre punti per l’Inter in una serata di grandi emozioni e di piccolo calcio. Massimo Moratti, salutato dagli strani striscioni della curva Nord, ma anche da un coro sincero, consegna alla holding indonesiana, guidata da Erick Thohir, che giovedì sarà a Milano e venerdì avrà il pacchetto di maggioranza della società, una squadra che sa vincere e soffrire, così come aveva vinto soffrendo la prima morattiana, che aveva battuto il Brescia (1-0). Contro il Livorno, i gol sono diventati due, ma il successo è arrivato in capo ad una gara che è sempre stata in salita e che si è infiammata, quando è tornato in campo Javier Zanetti, al 36’15” della ripresa (presenza n. 607 in campionato), lui che era uscito di scena con un urlo di dolore il 28 aprile a Palermo. Rottura del tendine d'Achille, prpgnosi di nove mesi, rientro dopo meno di 200 giorni, perché anche nel calcio del Terzo millennio il lavoro paga. Quella di Zanetti è stata una presenza decisiva, quando ha dato il via al raddoppio al 46’ della ripresa: percussione, palla a Kovacic, colpo da campione, porta spalancata a Nagatomo. San Siro tutto in piedi per l’omaggio al capitano.
Aver battuto il Livorno, che mai ha mollato di un centimetro, in fondo alla gara meno spettacolare della gestione Mazzarri, niente a che vedere con quanto di bello aveva fatto a Udine, è il segnale che è tornato lo spirito della grande squadra, che sa vincere le gare che in altre situazioni si pareggiano. L’Inter è riuscita ad andare in vantaggio, prima ancora di tirare nello specchio della porta (a lato i precedenti colpi di testa di Jonathan e Palacio): un cross da destra del brasiliano, forte, ma innocuo, si è trasformato in oro, per la papera di Francesco Bardi, che ha spinto involontariamente il pallone in rete, dopo 30’ di pochissimo gioco. Le condizioni del prato, bagnato e scivoloso, non hanno aiutato il portiere, ma l’errore tecnico è apparso subito evidente. Calcio crudele, perché Bardi sognava una grande partita contro la squadra che l’ha voluto (è al Livorno in prestito secco) e invece è stato punito dal destino. Così i nerazzurri sono riusciti a sbloccare la partita, in un primo tempo disordinato e con poca precisione: il Livorno non si è fatto vincere dall’emozione, ma si è chiuso nella propria metà campo, difendendo sempre a cinque e limitando gli attacchi teorici ad un lancio verticale da destra e ad una ripartenza quattro contro due, situazioni che gli interisti hanno risolto molto prima che potessero diventare pericolose per Handanovic.
L’Inter ha cercato di trovare ritmo e intensità per diventare pericolosa in fase offensiva, ma non è mai riuscita a fare quanto avrebbe voluto, perché il Livorno si è difeso con ordine e ha tremato soltanto nel finale di primo tempo: Luci ha rischiato il rigore su Palacio, colpendo l’argentino sulla gamba a due passi da Peruzzo; Alvarez ha trovato la conclusione forte e tesa in diagonale, ma Bardi si è riscattato con un grande intervento. I nerazzurri non sono riusciti a sfruttare il vantaggio; invece di prendere in mano la partita, come sarebbe stato naturale, hanno lasciato che a giocare fosse il Livorno, che ha avanzato il proprio baricentro e ha cominciato ad attaccare con maggiore insistenza, anche se senza mai creare veri pericoli. Ci ha provato due volte Paulinho (con un intervento di Ranocchia in area, a rischiorigore); l’Inter è apparsa poco serena, nella costruzione dell’azione, ma è sempre riuscita a chiudere tutti gli spazi, però di fronte al pressing dell’avversario, attento e concentrato, ha creato poco in avanti. L’occasione migliore è capitata a Palacio, ma la conclusione è stata rimpallata da Valentini. Mazzarri ha provato a cambiare ed è stato Cambiasso a prendere in mano la squadra, finché è entrato Zanetti e la presenza del capitano ha cambiato la partita, con il bis di Nagatomo.
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