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CorSera – L’Inter e Milito emozionano il presidente. Qualcuno comincia a dubitare…

Francesco Parrone

Massimo Moratti e Diego Milito insieme, come ai vecchi tempi. Ad esempio come a Siena, 16 maggio 2010, la domenica del 18° scudetto, nel mese del triplete nerazzurro, con quattro gol firmati tutti dal Principe: uno alla Roma (Coppa Italia), uno...

Massimo Moratti e Diego Milito insieme, come ai vecchi tempi. Ad esempio come a Siena, 16 maggio 2010, la domenica del 18° scudetto, nel mese del triplete nerazzurro, con quattro gol firmati tutti dal Principe: uno alla Roma (Coppa Italia), uno al Siena (campionato), due al Bayern Monaco (Champions League a Madrid), fra il 5 e il 22 maggio. Il presidente è apparso emozionato, in una domenica per lui particolare, con un risultato così clamoroso che lo costringerà a seguire la squadra in trasferta con maggiore frequenza, anche se nel frattempo saranno arrivati dall’Indonesia Thohir e i suoi sodali. Ha detto il presidente: «Il suo ritorno in campo è un’ottima notizia dal punto di vista umano e sportivo. È stata una bellissima sensazione vederlo di nuovo in campo e di nuovo in gol; si è molto sacrificato in questi mesi; avrebbe potuto rassegnarsi e lasciar perdere, invece è tornato ed è una grande gioia per tutti».

C’è chi ha proposto un parallelo con il gol di Ronaldo a Brescia, dopo il secondo gravissimo infortunio al tendine rotuleo del ginocchio (9 dicembre 2001): «Qualche analogia c’è, anche se Ronaldo aveva un’età diversa, 25 anni contro i 34 di Milito». Moratti è rimasto impressionato dalla personalità di questa Inter e da una vittoria attesa, ma non in queste proporzioni: «Avevo voglia di vedere la squadra dal vivo; sabato avevo assistito a un bellissimo allenamento ed era importante capire se tutto questo si sarebbe poi trasformato in una grande partita, con una partenza così forte che ha cambiato subito lo scenario. Mi aspettavo che l’Inter giocasse bene, ma non così bene. Sapevo che Mazzarri era bravo ed è per questo che l’abbiamo voluto, ma non credevo che sarebbe riuscito a incidere sulla squadra e sul gioco in tempi così brevi. Ha restituito al gruppo il piacere di giocare a calcio e il dovere di fare bene. In più i giovani che abbiamo preso l’anno scorso e questa estate adesso cominciano a ingranare. Quello che sta facendo l’Inter è un bel segnale per il campionato, ma occorre rimanere con i piedi per terra. Servono attenzione e concentrazione e soprattutto è necessario pensare a una partita per volta per non distrarsi».

Di fronte a un’Inter così, qualcuno comincia a dubitare che Moratti, costruttore in estate di questa squadra, che partita dalla delusione di un anno fa, possa cedere il pacchetto di maggioranza interista al gruppo di Thohir. Ma il presidente è stato molto freddo nel suo commento: «Io devo guardare al futuro della società, per garantirle un potenziale maggiore di quello che può offrire il presente. Il gruppo si impegnerà sempre per chiunque si metterà a lavorare con passione e per il bene dell’Inter. Su questo non ho dubbi». 

Nessuno nella vita è indispensabile (e non è stata certo questa idea ad aver spinto il presidente in trasferta, a distanza di 18 mesi dall’ultima volta), ma i tifosi avrebbero ancora meno dubbi sul futuro, se a guidare la società, al di là del trasferimento del pacchetto azionario, restasse lui. Del resto, un presidente in fase di smobilitazione, non sarebbe mai andato a prendere Mazzarri, che è tutto, tranne che un allenatore di transizione. E un presidente in partenza non avrebbe mai usato con la squadra le parole pronunciate sabato. Che, visto quanto hanno combinato i giocatori, devono aver lasciato il segno.