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I regali dell’ Inter non finiscono mai. Nemmeno di fronte alla Juve campione d’Italia, che anche quando gioca in scioltezza (ma a memoria), come a Milano, ha la forza dei grandi, la stessa che, per restare in tema, animava i nerazzurri ai tempi del primo Mancini e di Mourinho. E quando si spalanca la porta a chi è già più bravo, alla fine si paga il conto, così salato che adesso un posto in Europa League torna ad essere un miraggio. I manciniani hanno perso dopo 7 partite utili consecutive, ma se hanno vinto soltanto una delle ultime sette partite a San Siro (2-1 alla Roma) significa che esiste anche un difetto di personalità, per ora incorreggibile. Contro una Juve con in campo soltanto quattro reduci da Madrid (Lichtsteiner, Bonucci, Marchisio e Morata), l’Inter ha cominciato benissimo, anche se ha dimostrato subito di essere in difficoltà nel contenere le iniziative dell’attaccante spagnolo. Dopo 9’, è andata in vantaggio sul tiro di Brozovic, deviato con il corpo da Icardi (sesto gol ai bianconeri in cinque partite). La Juve ha avuto difficoltà a mettersi in moto e allora una grande squadra, quale non è l’Inter ora, avrebbe chiuso la partita, sfruttando il momento di (relativa) difficoltà degli avversari.
Invece Palacio si è fatto respingere la conclusione da Storari e troppi sono stati gli errori nell’ultimo passaggio, sebbene la manovra scorresse non velocissima, ma fluida e San Siro applaudisse. È stato il 39’ del primo tempo a fare da spartiacque nella storia del match: Shaqiri ha colpito l’incrocio, Brozovic si è avventato sul pallone, ha segnato, ma ha visto l’assistente Marzaloni con la bandiera alzata, per un fuorigioco che non c’era (posizione di Lichtsteiner). Due minuti dopo, ci hanno pensato a spingere la Juve verso il pareggio non uno, ma tre interisti: goffo aggancio di Kovacic, con palla indietro a Medel, altro tocco all’indietro, giusto per mettere in azione Matri. Nell’uno contro uno, Vidic ha perso due volte il duello: essendo più lento, invece di mettersi fra avversario e pallone e subire il fallo, si è fatto sorpassare e una volta in area, ha messo a terra Matri (quarto rigore del difensore in questo campionato).
Rigore e cartellino giallo, invece del rosso previsto dal regolamento. Il pareggio di Marchisio ha choccato l’Inter: Morata, incontenibile, ha avuto due occasioni da gol nei primi 52” di ripresa, poi, a fatica, i nerazzurri hanno ripreso a fare la partita, ma senza più la compattezza iniziale, lasciando ampi spazi alle ripartenze juventine, con Allegri che ha inserito Ogbonna e che ha molto ristretto gli spazi. Ci hanno provato prima Shaqiri e poi D’Ambrosio, con soluzioni immaginifiche; l’Inter ha accusato la fatica e ha rallentato; la Juve ha dato l’impressione di riprendere in mano il match (possesso palla finale 34%), ma la vittoria è arrivata sul tiro di Morata (ottavo gol), con papera di Handanovic (38’). È stato l’ultimo regalo di un campionato in cui i nerazzurri si sono dedicati con regolarità alle opere di bene, commettendo errori individuali da mettere a dura prova la pazienza di Mancini. A spegnere il ritorno interista ha provveduto Storari, con doppia prodezza di Palacio e Icardi (che avrebbero potuto tirare meglio). Così l’ultima vittoria dell’Inter a San Siro sulla Juve risale al 16 aprile 2010 (Maicon e Eto’o). Altri tempi.
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