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L'ultimo (debole) segnale della grandezza comune di Inter e Milan è storia di due anni fa: 15 gennaio 2012, Milan-Inter 0-1, con gol di Milito. Classifica: Juve punti 38; Milan 37; Udinese 35; Lazio 33; Inter 32. In più le due squadre ancora in Champions League. Strada facendo, il Milan sarebbe stato sorpassato dalla Juve, con l’Inter, sesta, a 26 punti dalla Juve. L’anno scorso, dopo la rivoluzione dell’estate 2012 (via Ibrahimovic, Thiago Silva e quasi tutta la vecchia guardia) e le correzioni di gennaio (Balotelli), Milan terzo e in Champions, a 15 punti dalla Juve; Inter nona e fuori dall’Europa. E questa stagione ha contorni ancora più malinconici: l’Inter quinta e alla ricerca della prima vittoria del 2014; il Milan, unica squadra sopravvissuta alla prima fase di Champions, staccato di 30 punti dalla Juve, così da decidere di cambiare allenatore (via Allegri, ecco Seedorf), con una prassi inusuale.
In queste ore sono usciti i dati legati alla Football Money League, che Deloitte stila dal 1997, prendendo in considerazione la classifica dei club calcistici con i maggiori ricavi. Secondo i dati legati all’ultima stagione (guida il Real, davanti a Barcellona e Bayern), il Milan è stato scavalcato dalla Juve, che ora è al nono posto (quattro posizioni guadagnate): 272,4 milioni di euro per il club bianconero; 263,5 per quello rossonero. L’Inter è scivolata al 15° posto (168,5 milioni), con una perdita di quattro posizioni. Il dato legato al Milan preoccupa molto Barbara Berlusconi, da un mese a.d. (oggi sarà a Milanello), una forte delusione, vicina all’irritazione, dettata sia dalla situazione della squadra dopo l’eliminazione in Coppa Italia con l’Udinese (la possibilità di restare fuori dalle coppe è concreta), sia dai dati pubblicati dalla Deloitte, che pure hanno una spiegazione. Rispetto al Milan, la Juve ha giocato una partita di Champions in più (Bayern); ha lo stadio di proprietà e 15 milioni in più di ricavi, legati alla divisione dei diritti tv.
La ragione della crisi è più semplice di quanto sembri: quando, per motivi più che comprensibili (compreso il fair play finanziario) e l’assenza di un progetto del calcio italiano di vertice, con conseguente perdita di competitività, è scesa la qualità degli investimenti da parte di Berlusconi e Moratti; quando sono venute meno la loro creatività, la voglia di scelte rischiose, ma geniali, lo spirito milanese del «ghe pensi mi», è sceso anche il rendimento dei due club, sia pure con parabole diverse. C’è stato un tempo in cui il Milan prendeva Gullit e Van Basten di notte e con sei mesi di anticipo e l’Inter Ronaldo dal Barcellona; un tempo in cui Savicevic e Papin partivano dalla panchina e Quaresma veniva pagato 18 milioni per la tribuna. Quando la ricreazione è finita, il Milan, grazie all’esperienza di Galliani, è riuscito a difendere la collocazione in Champions, prima di scivolare ora all’11° posto dopo 20 giornate, in questo gennaio, successivo alle tensioni di fine autunno.
L’Inter, invece, ha pagato tutto in un colpo solo: l’invecchiamento della squadra del triplete e dei quattro scudetti sul campo; l’addio di Leonardo, che era comunque una guida sicura; la passione di Moratti, che invece di accettare l’idea di un periodo di transizione ha sempre pensato di rilanciare (come un vero tifoso nerazzurro, che non si accontenta mai), fino a costruire la squadra del 2012-2013, comunque competitiva, ma con una guida senza la necessaria esperienza per dominare le difficoltà; l’inadeguatezza dei suoi dirigenti, bravi a scegliere i campioni quando il budget era illimitato, ma impreparati nell’individuare uomini di qualità meno costosi (e le spese hanno continuato a essere alte); l’atteggiamento di arbitri e assistenti, che sembrano avere un conto aperto con il club, ancora legato alla storia di Calciopoli. Moratti ha fatto un passo indietro; adesso c’è Thohir, così come al Milan ci sono un nuovo progetto e un nuovo allenatore. La storia dirà.
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