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Testimoni oculari assicurano che ieri Massimo Moratti è entrato nella sede di Parigi della Lazard, la banca d’affari allaquale aveva affidato quasi un anno fa la ricerca di un socio, al quale cedere una quota del pacchetto azionario. Lì è iniziata una riunione fiume con il gruppo che fa capo a Erick Thohir, per mettere a punto nuovi dettagli di una trattativa che va avanti da cinque mesi e che breve non sarebbe potuta essere. La lunghezza del vertice lascia immaginare che le questioni in sospeso non erano poche e nemmeno marginali (la definizione definitiva della nuova composizione azionaria). Chela riunione sia avvenuta a Parigi è un segno del destino.
Nella capitale francese, il presidente interista ha vinto il suo primo trofeo, la Coppa Uefa nella finale con la Lazio (6 maggio 1998); a Parigi, aveva incontrato José Mourinho, che già aveva firmato il contratto, per fare il punto della situazione, prima di sbarcare a Milano (30 maggio 2008); a Parigi, in una giornata di lavoro intensissimo, sono state messe le basi definitive per un accordo, che prevede un tipo di gestione della società assolutamente innovativo. Perché si fonderanno lo spirito imprenditoriale italiano, l’esperienza, le intuizioni e la passione di chi guida la società da 18 anni con la forza di chi può puntare su nuove frontiere e nuovi mercati. Non una sovrapposizione di ruoli, ma nemmeno una divisione di responsabilità o di competenze.
Anche se sta per iniziare una storia diversa da quella vissuta in questi 18 anni di forti emozioni (al di là delle vittorie), la linea seguita è stata quella indicata dal presidente durante e dopo la riunione del Consiglio di amministrazione del 29 agosto, quando aveva spiegato che «per me, in tutta questa trattativa, l’unica cosa importante, al di là dei vantaggiche possa avere io, e non ne vedo tanti, è soprattutto che l’Inter sia protetta e abbia tutte le possibilità di svilupparsi veramente». Nella stessa occasione, Moratti aveva chiarito: «Può essere benissimo che io continui, debba continuare in una forma o nell’altra; vedo questa operazione più come l’intento da parte di due persone di fare, progettare e costruire qualcosa di interessante su un qualcosa che c’è già. E che comunque possa svilupparsi meglio. La vedo come qualcosache non esclude una persona o l’altra, ma mette due persone in condizione di entrare in una società come se io fossi “nuovo” e dovessi vedere tutto quello che si può fare per migliorarla ancora».
Moratti è sempre andato avanti senza farsi vincere dalla premura («non ci sono date di scadenza; non c’è fretta, perché non si può andare di corsa»), perché al di là del fatto che «non si può invecchiare su una trattativa», come spiegato nel suo blitz statunitense, non ci sono scadenze pressanti. La ricapitalizzazione per ripianare una perdita di 70 milioni,legata alla stagione che si è chiusa il 30 giugno 2013, è già stata compiuta da Moratti tre mesi fa e non è necessarioaffrettare i tempi in vista dell’assemblea ordinaria di fine ottobre. Quando l’accordo con Thohir verrà chiuso, si procederàallo scioglimento del Consiglio e alla convocazione di un’assemblea straordinaria, che ne definirà la nuova composizione.
Del resto la decisione di Moratti di cedere parte del pacchetto azionario non è mai stata dettata da ragioni esclusivamente economico-finanziarie. Se il vertice parigino ha rappresentato davvero una svolta, il quadro complessivo della trattativa verrà chiuso in tempi brevi. Da oggi tutto sarà più chiaro.
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