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CorSera – Quando la rinascita passa dalla riforma tedesca…

La riforma protestante tedesca comincia con l’affissione delle 95 tesi di Martin Lutero sulla porta della cattedrale di Wittenberg, mercoledì 31 ottobre 1517. La Riforma calcistica tedesca ha inizio venerdì 7 luglio 2000 (data meno...

Francesco Parrone

La riforma protestante tedesca comincia con l’affissione delle 95 tesi di Martin Lutero sulla porta della cattedrale diWittenberg, mercoledì 31 ottobre 1517. La Riforma calcistica tedesca ha inizio venerdì 7 luglio 2000 (data meno controversadi quella luterana), quando l’Esecutivo della Fifa decide, con 12 voti contro 11 (per il Sudafrica), che sia la Germania a organizzare la Coppa del Mondo del 2006.

Tre anni prima, al termine dell’anno sociale 1996-’97, mentre l’Italia detta legge sul mercato (arrivano RonaldoKluivert, Ziege, Almeyda, tutti pagati a peso d’oro), la Bundesliga ha il quarto fatturato europeo, preceduta da Premier LeagueSerie A e Liga.Ora solo gli inglesi rimangono davanti (2.515 milioni di euro contro 1.746: dati nel 2011), ma la rimonta continua. I tedeschi, con il Mondiale, seguono la strada opposta a quella che imbocca l’Italia nel 1990. È attorno agli stadi che viene costruito il successo.

E li fanno belli, comodiedi proprietà. Ora, dopo la Juventus, si stano muovendo tutti anche da noi, dall’Inter alla Sampdoria,dall’Udinese alla Roma. I tedeschi, però, non ristrutturano solo i 12 impianti del Mondiale, ma anche gli altri (per 1,4 miliardidi euro). Contestualmente parte un programma per i giovani: nel 2011, i 18 club versano 71 milioni di euro, con un incremento del 7,1 per cento rispetto all’anno precedente e addirittura del 73 per cento rispetto al 2007-2008. Prendiamo in esame i due club che hanno ipotecato (salvo clamorosa «remuntada» spagnola) la finale.

Il Bayern Monaco ha speso 136 milioni di euro per 20 giocatori in quattro anni. Ha vinto due volte la Bundesliga, una Coppa e una Supercoppa di Germania e hagiocato, perdendole, due finali di Champions. Si appresta a disputare la terza e ha imbanditoil futuro ingaggiando Pep Guardiola. Tutto ruota attorno all’Allianz Arena, costata 346 milioni di euro. La capienza è di 71mila persone. Kalle Rummenigge ha raccontato che, ai tempi, si discussee qualcuno propose di fare uno stadio da 100 mila posti.

Ma i dirigenti si posero la domanda ignorata in Italia nel 1990 (da qui la desolazione che viviamo): riusciremo a riempirloin ogni partita? Il segreto della Bundesliga è semplice: c’è sempre il tutto esaurito. Il Bayern ha bloccato gli abbonati a 39 mila per consentire anche ai tifosi che non possono permettersi una tessera di accedere allo spettacolo, per affezionarli, per coinvolgerli. Ci sono biglietti da 7,5 euro. Nelle due semifinali la media dei prezzi tedeschi è più bassa di quella spagnoladi 100 euro.

Ora si ragiona su un ampliamento per gli Europei del 2020, quelli che Platini vuole itineranti. L’Allianz Arena ogni anno porta nelle casse del Bayern 6 milioni dal naming, 129,2 dalla biglietteria. Nel 2011-2012 il club ha incassato 82,3 milioni dagli sponsor e il bilancio si è chiuso per il diciassettesimo anno in positivo: più 11 milioni. Se è vero che la Bundesliga è sempre dietro alla Premier League, studiando le voci del fatturato si scopre, però, che adifferenza degli inglesi (52 per cento) e degli italiani (60), i club tedeschi non sono schiavi del satellite (o del digitale): dalla tv viene il 30 per cento, il rimanente 70 entra da ricavi da gare (23) e commerciali (47).

Da sette anni, poi, la Bundesliga ha superato la Premier nelle presenze: più 46% (da 28.900 a 42.100) contro il più 15 inglese e il meno 21 italiano. Nel 2004 il Borussia aveva 170 milioni di debiti. Ogni anno perdeva 25 milioni e aveva venduto tutto, dal Westfalenstadion ai diritti di trasferimento dei giocatori. Per prima cosa (vedi sopra) si è ripreso lo stadio (Signal Iduna Park: dall’assicurazione 5 milioni all’anno), poi ha calmierato i salari. Le stelle, Reus, Götze e Hummels, guadagnano 5 milioni lordi.Lewandowski 1,5.

Il tecnico, Jürgen Klopp, quattro, un terzo di Mourinho, umiliato mercoledì sera nell’impianto con la media spettatori più alta d’Europa (80.500). Perché, come dicono a Dortmund, «il calcio non è un prodotto, è una cultura». Potrebbe essere la prima delle 95 esi sul pallone. Tutto parte da qui, dove i ricchi/potenti pagano il biglietto. Dove, se vuoi un pretzel o un caffè, devi acquistare una carta prepagata. Niente contanti. Viene premiata la fedeltà: il tifoso si sente parte del progetto. Partecipa. E, alla fine, vince o perde anche lui.