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CorSera – Thohir più esperto, ha capito che non c’è più tempo. Per Dybala…

Francesco Parrone

Sono i giorni della svolta. Europa o non Europa (più facile la seconda opzione), l’Inter cambierà faccia, perché l’operazione rilancio non è più differibile. La conferma è arrivata dal presidente Erick Thohir, nella domenica in cui ha...

Sono i giorni della svolta. Europa o non Europa (più facile la seconda opzione), l’Inter cambierà faccia, perché l’operazione rilancio non è più differibile. La conferma è arrivata dal presidente Erick Thohir, nella domenica in cui ha incontrato prima Massimo Moratti e poi Roberto Mancini, che del club nerazzurro rappresentano non soltanto la passione, ma anche la storia, l’esperienza e la competenza. Senza contare che sono sempre l’azionista con quota rilevante (29%) e la guida tecnica. Incontri indispensabili, per non sentirsi troppo solo, in un momento Thohir ha capito che non è più possibile pensare all’Inter fuori dalla zona Champions League e non solo perché lo impone la tradizione. La conclusione del lungo negoziato con la commissione Uefa, per definire i contorni legati alla nuova normativa sul fair play finanziario, gli ha consentito di avere un quadro chiaro della situazione e di conoscere il perimetro economico entro il quale può muoversi: costruire un tesoretto attraverso le cessioni, per poi reinvestire i ricavi, con acquisti mirati e soprattutto di vera qualità. 

La partita con la Juve gli ha fatto capire che la squadra è lontana dai campioni d’Italia, ma il ritorno in Champions League, con gli interventi necessari, non è impresa impossibile. L’Inter non può sollecitare in Thohir le stesse emozioni che da sempre suscita in Moratti, che, nel momento in cui aveva deciso di prendere in mano la società nel 1995, ne conosceva alla perfezione lo spirito, la genialità e la storia, essendo sempre stato vicino a suo padre negli anni delle vittorie, però il presidente venuto da Giakarta vuole confermare di essere una persona seria, al di là dei giudizi su di lui che arrivano ogni giorno dai dirigenti italiani, ultimo in ordine di tempo quello del proprietario del Sassuolo, Giorgio Squinzi. Thohir ha promesso di riportare in alto l’Inter ed è pronto a farlo, anche correggendo le idee di un anno fa. Allora si parlava di giovani, di talenti da scoprire e valorizzare, di una squadra da costruire con calma; l’esperienza di quest’anno ha fatto capire al presidente che non c’è più tempo da perdere e che bisogna cambiare strategia. Come gli hanno spiegato bene prima Moratti e poi Mancini, che non ha esercitato nessuna pressione sul presidente, ma gli ha fornito il quadro di chi dal 15 novembre ha la responsabilità tecnica della società, servono uomini di esperienza, affidabili, che sappiano far crescere il gruppo e gestire anche le situazioni più delicate, quelle che capitano in una stagione anche nelle migliori famiglie. 

E che riescano a non farsi spaventare dalla pressione di San Siro, dove quest’anno i nerazzurri hanno perso troppi punti, mentre ai tempi del primo Mancini e di Mourinho al massimo gli avversari riuscivano a pareggiare. In questo senso, Thohir ha rassicurato il tecnico, soprattutto per quel che riguarda la trattativa per Yaya Touré, che sta diventando quello che nel 1988 era Lothar Matthäus per la squadra di Trapattoni oppure Cambiasso nel 2004, cioè il prototipo del giocatore che può sistemare un intero reparto, al di là dei «numeri» personali (ieri due gol al Swansea). Le premesse sono incoraggianti, ma è chiaro che il Manchester City non è disposto a lasciarlo partire a costo zero, l’ingaggio è oneroso e la concorrenza resta agguerrita. Attraverso la cessione di alcuni giocatori e un aumento dei ricavi (annunciato da due anni, scomodando tutti i termini inglesi del globo, prima o poi arriverà), l’operazione appare possibile. Mancini ha illustrato al presidente anche quella che per tradizione si chiama la «lista dei desideri», cioè la prima e la seconda scelta nei diversi ruoli, a cominciare dal portiere, visto che Handanovic è deciso a cambiare squadra per giocare la Champions League e che Petr Cech è in avvicinamento.

Giusto perché il presidente potesse ripartire con un quadro esauriente della situazione. Si è parlato anche di Jovetic, di Thiago Motta, uno degli uomini decisivi nell’anno del Triplete, di soluzioni difensive, perché un «centrale» veloce è indispensabile, di Dybala, per il quale rimane un piccolo margine di manovra. Non è il momento di farsi prendere dalla fretta, ma servono efficienza, organizzazione, idee chiare. Il lavoro preparatorio è stato fatto, gli uomini che possono cambiare il corso degli eventi sono stati individuati. La mancata partecipazione all’Europa League non sarebbe un grande problema (il salto di qualità è rappresentato dalla Champions), semmai un danno d’immagine perché, come si diceva una volta, non c’è Europa senza Inter. Ma, se ben sfruttata, una stagione senza impegni al giovedì potrebbe trasformarsi in un’opportunità.