Intervenuto ai microfoni di KickOff, programma prodotto dall'Inter, Hernan Crespo, ex centravanti nerazzurro e oggi allenatore del Flamengo, ha parlato così dell'inizio della sua esperienza in Brasile da tecnico: "Sta andando bene, sono fortunato di allenare una delle squadre più grandi del Brasile. Nuova esperienza, bello perché vai in giro e impari una lingua come il portoghese: è divertente. Per un argentino allenare in Brasile è un'opportunità per conoscere da vicino i brasiliani e il loro talento: sono impressionanti, il fatto che hanno vinto solo cinque coppe del mondo ci hanno fatto un favore. E' impressionante la quantità dei giocatori che ci sono".
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Crespo: “Questa la mia idea da allenatore. Inter? Il colpo di testa più bello…”
Le parole dell'ex centravanti, oggi allenatore: "Non c'è un allenatore che non pensa alla vittoria, tutti la vogliamo: la differenza la fa il modo per arrivarci"
Com'è essere allenatore?
"Se devo scegliere, tutta la vita fare il giocatore: devi pensare a te stesso e a rendere al massimo. Facendo l'allenatore hai tutta la rosa, dottori, giornalisti e dirigenti: però per la mia età è molto gratificante essere allenatore. Mi sono reinventato abbastanza bene, è molto bello essere vicino al mondo del calcio. Io sono della scuola italiana, ho fatto a Coverciano il corso e ci hanno insegnato un modulo tattico, bisogna imparare pro e contro di tutti. Questo ha a che vedere con la mia vita da calciatore, ho giocato con grandissimi attaccanti senza perdere la mia identità: le mie squadre fanno la stessa cosa, si adattano ma non perdono l'identità di essere protagonisti. Ci vuole metodologia e lavoro, questo è quello che le mie squadre vogliono far vedere".
Essere Crespo ti aiuta?
"L'approccio al giocatore ti aiuta, il giocatore ti osserva costantemente: devi studiare, devi prepararti per dare le armi ai giocatori per risolvere le problematiche in campo. Devi studiare e devi creare una metodologia per farli sentire comodi: ci vuole dietro uno studio".
Il calcio è evoluto?
"Non c'è un allenatore che non pensa alla vittoria, tutti la vogliamo: la differenza la fa il modo per arrivarci, non ne esiste uno unico. Io provo a giocare e rispettare, voglio che la mia squadra giochi nel campo rivale ed essere padrone del mio destino: giocare bene per me è creare occasioni da gol e che non tirino nella mia porta. Io faccio il gioco che mi identifica, quello che facevamo da bambini: vogliamo passarci il pallone, far gol e abbracciarci. Questo non toglie l'equilibrio, però bisogna proporre gioco costantemente. Questa è l'idea: non dico sia quella giusta, a me piace questa. C'è a chi piace mettere il pullman, a me non piace: la mia idea è creare la maggior quantità di azioni e di non subirne".
Qual è il segreto per un ottimo colpo di testa?
"La doppietta ad Amsterdam è stata bella, abbiamo passato il turno e non era semplice. Non c'è un segreto, è attaccare il tempo e lo spazio col timing giusto: non è semplice. Se ne devo scegliere uno, mi ricordo quello che ci ha permesso di recuperare in Supercoppa contro la Roma. Però quello che mi tengo stretto è quello del 3-3 con la Roma per la dedica alle mie figlie".
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