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Crespo: “Questa la mia idea da allenatore. Inter? Il colpo di testa più bello…”

Marco Astori

Le parole dell'ex centravanti, oggi allenatore: "Non c'è un allenatore che non pensa alla vittoria, tutti la vogliamo: la differenza la fa il modo per arrivarci"

Intervenuto ai microfoni di KickOff, programma prodotto dall'Inter, Hernan Crespo, ex centravanti nerazzurro e oggi allenatore del Flamengo, ha parlato così dell'inizio della sua esperienza in Brasile da tecnico: "Sta andando bene, sono fortunato di allenare una delle squadre più grandi del Brasile. Nuova esperienza, bello perché vai in giro e impari una lingua come il portoghese: è divertente. Per un argentino allenare in Brasile è un'opportunità per conoscere da vicino i brasiliani e il loro talento: sono impressionanti, il fatto che hanno vinto solo cinque coppe del mondo ci hanno fatto un favore. E' impressionante la quantità dei giocatori che ci sono".

Com'è essere allenatore?

"Se devo scegliere, tutta la vita fare il giocatore: devi pensare a te stesso e a rendere al massimo. Facendo l'allenatore hai tutta la rosa, dottori, giornalisti e dirigenti: però per la mia età è molto gratificante essere allenatore. Mi sono reinventato abbastanza bene, è molto bello essere vicino al mondo del calcio. Io sono della scuola italiana, ho fatto a Coverciano il corso e ci hanno insegnato un modulo tattico, bisogna imparare pro e contro di tutti. Questo ha a che vedere con la mia vita da calciatore, ho giocato con grandissimi attaccanti senza perdere la mia identità: le mie squadre fanno la stessa cosa, si adattano ma non perdono l'identità di essere protagonisti. Ci vuole metodologia e lavoro, questo è quello che le mie squadre vogliono far vedere".

Essere Crespo ti aiuta?

"L'approccio al giocatore ti aiuta, il giocatore ti osserva costantemente: devi studiare, devi prepararti per dare le armi ai giocatori per risolvere le problematiche in campo. Devi studiare e devi creare una metodologia per farli sentire comodi: ci vuole dietro uno studio".

Il calcio è evoluto?

"Non c'è un allenatore che non pensa alla vittoria, tutti la vogliamo: la differenza la fa il modo per arrivarci, non ne esiste uno unico. Io provo a giocare e rispettare, voglio che la mia squadra giochi nel campo rivale ed essere padrone del mio destino: giocare bene per me è creare occasioni da gol e che non tirino nella mia porta. Io faccio il gioco che mi identifica, quello che facevamo da bambini: vogliamo passarci il pallone, far gol e abbracciarci. Questo non toglie l'equilibrio, però bisogna proporre gioco costantemente. Questa è l'idea: non dico sia quella giusta, a me piace questa. C'è a chi piace mettere il pullman, a me non piace: la mia idea è creare la maggior quantità di azioni e di non subirne".

Qual è il segreto per un ottimo colpo di testa?

"La doppietta ad Amsterdam è stata bella, abbiamo passato il turno e non era semplice. Non c'è un segreto, è attaccare il tempo e lo spazio col timing giusto: non è semplice. Se ne devo scegliere uno, mi ricordo quello che ci ha permesso di recuperare in Supercoppa contro la Roma. Però quello che mi tengo stretto è quello del 3-3 con la Roma per la dedica alle mie figlie".