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"Sullo slancio di una felicità non soltanto di gioco, l’Inter si è regalata un’altra notte padrona dopo un campionato tutto così, debordante, quasi esagerato. I tifosi del Milan sembrava se lo sentissero, avvicinandosi allo stadio insieme ai cugini, negli intestini della metropolitana dove, a un certo punto, non fiatava nessuno, appena qualche coro in lontananza, sfocato come la nebbiolina sul piazzale. Zitti perché tranquilli gli interisti, muti perché rassegnati i milanisti. Tutti sono arrivati al Meazza come nuotando in questo giorno di monsone e diluvio, Milano come Calcutta o Macondo, forse la pioggia non smetterà mai più. L’inverno fuori stagione ha scompaginato l’atmosfera, rendendo però più intenso il sentimento di irrealtà. Qualcosa di speciale, di unico, ha preso forma sotto la coperta di nuvole, poi il Milan si è messo a cantare per esorcizzare mentre l’Inter lo ha fatto per celebrare il rito, il suo impietoso sacrificio umano".
"Tutto è stato clamorosamente lombardo in questa notte, persino l’arbitro Andrea Colombo arrivato da Como. Il derby come qualcosa di assai più lungo e lento, si può dire che fosse cominciato due anni fa, quando l’Inter si fece portare via dal Milan uno scudetto già vinto. O forse la sfida ha preso avvio all’andata, con quei cinque gol interisti e la forte sensazione di quanto sarebbe accaduto quest’anno: il derby come una profezia. Che poi Simone Inzaghi nel 2023 ne avesse vinti addirittura cinque, segna il solco di qualcosa che difficilmente poteva finire in modo diverso. Ci sono una logica e una conseguenza dentro lo scudetto che l’Inter si è portato via in casa del Milan, facendola diventare casa propria. E i nervi alla fine, le mischie furiose, i tre espulsi, raccontano la frustrazione del Diavolo".
"La festa nerazzurra, cominciata al Meazza e scivolata inevitabilmente verso il Duomo, ha acceso i colori la notte. Del resto era iniziata l’estate scorsa, e non finirà tanto presto: il derby si è limitato a sublimarla. Prima di salire i sacri gradoni del Meazza, molti padri si sono fatti un selfie con i figli davanti alle storiche torri, perché in tanti dovranno mandare a memoria il 22 aprile 2024. Le sciarpe “in edizione limitata” sono apparse invece illimitate nel numero e nella moltiplicazione ovunque, in vendita al passaggio: altri pezzi di memoria da toccare, da stringere. Il freddo e il vento sono stati presto spostati ai bordi, lungo la cornice della notte: dettagli, in fondo, rispetto ai bollori che ognuno portava dentro in questo gran rito cittadino, negli angoli e nei rettilinei di uno stadio meraviglioso che solo una follia potrà cancellare. I berretti di lana e gli ombrelli, le cerate e le mantelline, e i cappucci, certo: i milanisti come Cappuccetto Rosso, poi è arrivato un lupo interista e se li è mangiati tutti".
(Repubblica)
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