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Crosetti: “Nessuno poteva più difendere Mazzarri. Thohir ha scelto il meglio…”

Roberto Mancini non è un allenatore di cartone, e neppure l’Inter è una squadra di cartone, semmai talvolta è sembrata di cartapesta. Ma è riduttivo dire che Thohir abbia cacciato Mazzarri solo per farsi amare o perché lo pretendevano i...

Francesco Parrone

Roberto Mancini non è un allenatore di cartone, e neppure l’Inter è una squadra di cartone, semmai talvolta è sembrata di cartapesta. Ma è riduttivo dire che Thohir abbia cacciato Mazzarri solo per farsi amare o perché lo pretendevano i suoi followers. Il presidente manda via l’allenatore quando l’allenatore non vince, non crea gioco e non ha più il controllo della squadra. È così da sempre e ovunque, in Indonesia come nella vecchia Europa, sin dai tempi di Caino e Abele (Caino era quello juventino). Nessuno più poteva difendere l’indifendibile Mazzarri, i suoi tifosi erano arrivati a sbertucciarlo col laser sparato in faccia: troppo, ma così va il mondo. E nessuno può negare che Mancini fosse la migliore soluzione disponibile, almeno finché Mourinho non tornerà eventualmente a reincarnarsi ad Appiano Gentile.

Il Mancio ha vinto in Italia, in Inghilterra (difficilissimo), è un domatore di estrema professionalità, uomo di mondo e primo tecnico italiano di livello internazionale a tornare a casa. Però, la vera domanda non riguarda lui ma l’Inter: è una squadra da Champions? Basterà il tocco di un re taumaturgo? Quanto pesano, adesso, i giocatori? Quanto valgono? Una rapida lettura della rosa è sufficiente per decidere che l’attuale nono posto è un peccato emendabile: forse non ci sono fenomeni, ma qualche buonissimo elemento sì, cominciando dal portiere Handanovic. E poi, di reparto in reparto, Juan Jesus e Vidic (non può essersi imbrocchito di colpo), Hernanes e soprattutto Kovacic (potenzialmente un fenomeno), ma pure Guarin che Mancini rilancerà. In attacco c’è un campione vero, Icardi, se solo smettesse di twittare, e c’è uno come Osvaldo che ogni tanto si ricorda di essere forte (molto ogni tanto, d’accordo). Infine Palacio, paralizzato da un gol sbagliato nella finale mondiale, non più un ragazzino e prima o poi elaborerà il lutto. In fondo, il Milan ha solo un punto in più dell’Inter, eppure Inzaghi viene celebrato da qualcuno come un nuovo Ferguson (la memoria nel calcio non è breve, e semmai troppo precipitosa e a volte sfocata). Il terzo posto non è per Mancini un obiettivo impossibile. Sarà molto più dura arginare il ritorno delle battute su Calciopoli, sullo scudetto degli onesti e via discorrendo. Anche se, alla fine, il Mancio piaceva molto anche alla nemica Juve che lui avrebbe allenato volentieri, dopo averla eliminata dall’ultima Champions. Quella volta, a Istanbul, niente cartone ma neve, molta neve, insieme all’acqua che sotto i ponti tra Torino e Milano non passa mai, che barba, che noia.