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Cruz: “Lautaro giocatore top. Battere la Juve? Una volta festeggiammo coi tifosi”
La Gazzetta dello Sport ha intervistato l'ex attaccante dell'Inter Julio Cruz, spesso protagonista con gol nelle sfide contro la Juve:
Cruz, cosa significava per lei la Supercoppa?
"Una partita anomala, soprattutto quando si giocava a inizio stagione. Mi è sempre piaciuta perché stabilisce chi è la più forte d’Italia in un modo diverso rispetto al campionato, ovvero attraverso una gara secca. Però lo scudetto è una cosa unica…".
Il suo ricordo della sfida del 2005 contro la Juve, con gol di Veron?
"Era l’inizio dell’era Mancini: in poco tempo aveva sistemato tante cose che prima non funzionavano. Penso che quel periodo sia stato fondamentale per l’Inter: sono arrivate le persone giuste, in primis Roberto. Il quale ha fatto un grande lavoro anche tatticamente. Quella vittoria è arrivata dopo il successo in Coppa Italia ed è stato un passo decisivo: da lì è iniziato un percorso straordinario, con tante belle vittorie".
L’Inter di Mourinho è un po’ figlia di quella?
"Dico sempre che le cose importanti hanno sempre un inizio: non tutti lo hanno riconosciuto, ma il lavoro di Mancini e del suo staff è stato fondamentale anche per gli anni successivi".
Feeling speciale il suo con i bianconeri, 10 gol tra Feyenoord (due), Bologna (uno) e Inter (sette). Qual era il tuo segreto?
"Mi è sempre piaciuto giocare le partite importanti, come dite voi ‘quelle che contano’. Sai che ti guarda il mondo, in quelle occasioni ero concentratissimo: sia se partivo dall’inizio, sia entrando dalla panchina. La partita contro la Juve che mi ha lasciato il segno è il 3-1 a Torino nel 2003, segnai una doppietta. Avevo tanta voglia di vincerla: nei giorni prima i tifosi mi ricordavano che non si vinceva in trasferta a Torino da dieci anni. Era uno stimolo in più. È stata la partita perfetta, non si poteva chiedere di meglio. Parlo con lei di questa partita e intanto mi viene la pelle d’oca…".
Come ha festeggiato?
"Al ritorno è venuto a prendermi un mio amico: eravamo in macchina noi due, Kily Gonzalez e Almeyda. Ci siamo fermati all’autogrill in autostrada a prendere un po’ d’acqua per il mate: passavano i tifosi dell’Inter e ci siamo messi a festeggiare con loro. Sapevamo che era una partita importante, ma non potevamo immaginare che potesse provocare una gioia così nella gente. E questo vale ogni volta che si scende in campo. È stata una serata che non dimenticherò mai".
Come avversario in Supercoppa nel 2005 c’era Ibrahimovic, poi suo compagno e ora, 17 anni dopo, ancora protagonista.
"Mi ricordo che eravamo contro nella partita tra Inter e Juve in cui litigò con Mihajlovic. Ho pensato: ‘Questo non ha paura di nulla’. Quando è arrivato all’Inter ho scoperto una bravissima persona, un ragazzo a cui piaceva stare con i compagni. Mi fa piacere vederlo ancora a questi livelli. Gli ho sentito dire che non riesce più a fare le cose che faceva a 25/30 anni, ma è unico: incredibile come possa rendere ancora così a 40 anni. È una gioia per la gente che vuole bene al calcio".
In campo per l’Inter, quella notte del 2005 in Supercoppa, tanti argentini: Veron, Cambiasso, Zanetti. Lei, Samuel e Solari in panchina. Ora ci sono Lautaro e Correa: un giudizio?
"Intanto ci tengo a dire che tutti gli argentini che sono passati dall’Inter sono rimasti legatissimi ai colori nerazzurri. È una cosa che ci accomuna. Lautaro e Correa stanno facendo bene, soprattutto del Toro si parla tanto qua in Argentina: è considerato un giocatore importante. Ha saputo guadagnarsi tutto il bello che sta avendo a Milano".
Alla Lazio lei ha giocato qualche partita con Simone Inzaghi: si aspettava che potesse diventare un allenatore così?
"Eravamo entrambi a fine carriera, tutti i tifosi lo amavano. La cosa che mi ha stupito è come è diventato in fretta un grande allenatore. Ho sempre pensato che fosse pronto a prendere una squadra come l’Inter: ora sta facendo quello che ha sempre fatto. Ha uno staff di persone per bene, a cui piace lavorare. Conosco suo padre e sua madre, siamo stati spesso in vacanza insieme. Si vede che lui e Filippo hanno preso i valori dei genitori: mi fa piacere il fatto che entrambi abbiano trovato la propria strada da allenatori. Penso che la qualità migliore di Simone sia il lato umano, che fa la differenza nel calcio: penso a quello che era Moratti per noi calciatori".
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