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Intervenuto sul Corriere dello Sport, Italo Cucci ha commentato così le ultime vicende legate a Suning:
"Non mi sono mai piaciuti gli interventi stranieri nel nostro calcio, proprio perché gli investitori non hanno passione per i club ma per i guadagni che s’immaginano di fare. E qui comincia il problema: con il calcio non si guadagna, se un imprenditore vi s’accosta pensando di fare un buon investimento deve avere come minimo esperienza e competenza, non limitarsi ad ascoltare consiglieri e consulenti sempre interessati. In realtà nessuno corrisponde a questo identikit e l’investimento diventa in breve un fallimento".
"Mi soffermo, piuttosto, sul “caso Inter”, perché dopo le fumose cineserie milaniste da una parte e la finta passione di Thohir, ai neofiti intellettuali forti di soldi e poveri di vera passione gli avrei venduto solo Milanello o Appiano Gentile per interessi - fosse mai possibile - puramente immobiliari. Quando arrivò la famiglia Zhang fui spinto a considerarla collegata alla famiglia Moratti com’erano stati i Fraizzoli e i Pellegrini (uso il plurale non per cortesia ma perché le consorti dei due presidenti - Lady Renata, sul campo con il suo carattere e i suoi soldi, la Signora Ivana con la sua passione per l’esoterismo - partecipavano intensamente alla vita della squadra). Lo stesso Massimo Moratti mi garantì - l’ho scritto nel libro che gli ho dedicato - che la famiglia Suning gli aveva dato ampie garanzie, una continuità di potenza economica e stile, la capacità di rinnovare la stagione del Triplete, e invece l’altro giorno ho letto la sua amarezza e i suoi dubbi, espressi tuttavia con grande correttezza, sulla rivelata debolezza economica dei cinesi".
In realtà entra in campo la Sindrome cinese. Posso aggiungere che tutto questo accade perché i Nuovi non conoscono l’anima del calcio, non sarebbero mai pronti a gravi perdite non solo monetarie ma d’immagine (che vuol dire perdere credito) perché non sí spiegherebbero il fenomeno. Perché il calcio è un fenomeno e un club ha bisogno di avere alle spalle una famiglia consapevole, non un fondo. Fino a prova contraria. (Ho l’impressione che prima o poi il Milan s’affiderà a un italiano, a un altro Berlusconi. Il cuore di Silvio è cosí grande che en cas de malheure salverebbe Milan e Inter insieme, senza fonderle, naturalmente, ma in nome di un “Milàn l’è un gran Milàn” diventato il mantra famigliare)".
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