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Tony Damascelli, intervenuto sulle colonne de il Giornale, ha commentato le parole in conferenza stampa di Spalletti nel giorno dopo del tonfo contro la Svizzera:
"«Ho sbagliato», l’ammissione di Spalletti Luciano dovrebbe assegnargli la medaglia al merito della lealtà. Ma la frase non è completa, che tipo di sbaglio o di errori? Nell’elenco dei convocati? Nella preparazione fisica? Nelle formazioni scelte? Nella gestione dei cambi? Il mistero non verrà mai risolto, le responsabilità vanno distribuite, sempre, si conoscevano i limiti tecnici dei calciatori, si presumeva la loro precaria condizione atletica, nessuno poteva prevedere l’assenza totale di spirito agonistico, l’abulia e lo smarrimento dimostrato nelle quattro esibizioni ma la domanda sorge spontanea: Spalletti è l’ideale commissario tecnico della nazionale? Ha le caratteristiche necessarie per gestire il gruppo nel breve giro di un torneo e non lungo una stagione come ha saputo fare nelle squadre di club da lui dirette? I suoi comandamenti, la sua enfasi, la sua contorta affabulazione, la sua narrazione delle partite, non rappresentano il meglio per la comunicazione già complicata per la stampa, figuriamoci peri suoi azzurri"
"Non è certamente per questo che l’Italia sia stata eliminata dalla Svizzera ma la sensazione immediata è che la squadra non abbia una identità definita, non perché il commissario tecnico non abbia avuto il tempo opportuno a disposizione ma perché il disegno di gioco non è chiaro, lucido, definito. Diceva Osvaldo Bagnoli il calcio è semplice ma gli allenatori lo rendono complicato e allora il terzino faccia il terzino, il mediano faccia il mediano e gli attaccanti pensino a fare gol. Elementare no? Invece Spalletti, come certi nuovi docenti di football, si avvita su pensieri e parole che risultano vuoti di sostanza, mousse gonfiate come nella frase che lo stesso toscano ha pronunciato subito dopo la fine della partita: «Il secondo gol ci ha dato un colpo alla moralità». Voleva forse dire il morale, la tensione si presta agli errori di italiano, un po’ come il sostantivo che circola in qualunque discorso suo e del presidente federale: «progetto». Di chi? Di che cosa? Serve alla propaganda, significa tutto e nulla. Oggi è nulla. Purtroppo si replica"
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