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Non teme che il ct abbia avuto poco tempo per lavorare su questa squadra?
«Quella è l’unica vera incognita, ma è comunque arrivato nel momento giusto. Lui è un artigiano del calcio, che sa mettere le cose a posto e dare una bella botta quando serve».
Lei è mai stato vicino ad allenare l’Italia?
«Certo, nel 2016 sono andato a un centimetro. Avevo appena portato l’Albania all’Europeo, mica un’impresa da poco».
E poi cosa è successo?
«Hanno preferito Giampiero Ventura. Ci avevo creduto, sarebbe stato uno splendido completamento della mia carriera dopo una decina di esperienze tra i club. Peccato».
Spalletti nella conferenza stampa della vigilia ha parlato di “giganti ed eroi”. Ha enfatizzato?
«Ma no, ha fatto bene. Chi indossa la maglia deve ricordarsi chi l’ha fatto prima di lui. Noi siamo quelli dei quattro Mondiali, dei due Europei, siamo detentori in carica di questa manifestazione. Il primo presupposto per mettere la maglia dell’Italia è rendersi conto di essere dei privilegiati nel poterlo fare».
Era più forte la sua Albania o questa?
«Io non avevo un numero elevato di giocatori che militavano in Italia, Premier League e Bundesliga. Sylvinho ha giocatori con una maggior esperienza e caratura internazionale».
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