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Italiani nelle big, De Calò: “A Madrid 2010 zero, ora l’Inter è la mosca cocchiera”

Italiani nelle big, De Calò: “A Madrid 2010 zero, ora l’Inter è la mosca cocchiera” - immagine 1
"A un certo punto sembravano in via di estinzione. Gli italiani nelle nostre squadre di calcio. Soprattutto nelle big"
Matteo Pifferi Redattore 

Alessandro De Calò, giornalista de La Gazzetta dello Sport, ha parlato così del numero di italiani delle squadre di Serie A, partendo di fatto dall'Inter:

"A un certo punto sembravano in via di estinzione. Gli italiani nelle nostre squadre di calcio, dico. Sparivano soprattutto tra le big, sopraffatti da un’ondata inarrestabile di stranieri di ogni genere ed età, comunitari o extra. Sulla punta dell’iceberg resta indimenticabile l’Inter del Triplete. Stagione calcistica 2009-10. Un caso esemplare. Nella finale di Champions, giocata e vinta a Madrid contro il Bayern, i nerazzurri erano scesi in campo con zero italiani. Anche i primi due sostituti arrivavano da oltre frontiera, uno dai Balcani, l’altro dall’Africa. Solo nel recupero, Mourinho aveva fatto entrare il vecchio Materazzi giusto per fargli piovere addosso i coriandoli di un trionfo già blindato, poco prima di salutarlo in lacrime per l’abbraccio di addio nella pancia del Bernabeu, che stava diventando la nuova dimora del portoghese"


Italiani nelle big, De Calò: “A Madrid 2010 zero, ora l’Inter è la mosca cocchiera”- immagine 2

"Due mesi fa, dopo tredici anni, l’Inter è tornata a giocare la finale Champions. In questo caso non interessa il risultato che è stato negativo per i nerazzurri: e, del resto, c’è un piccolo abisso tra il valore attuale del City di Guardiola rispetto a quello del vecchio Bayern di Van Gaal. Conta che a Istanbul, nell’Inter di Simone Inzaghi, c’erano cinque italiani in campo nell’undici di partenza. Misurato nel tempo, diventa una specie di cambio epocale. L’Inter è la mosca cocchiera, il pesce pilota di una svolta che in modo sempre più rilevante coinvolge le grandi squadre della Serie A. Il modello è nelle corde e nella pratica dell’ad Beppe Marotta, che ai tempi della Juve aveva imposto la colonna vertebrale dei Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Pirlo e Marchisio. Non è una questione ideologica di patriottismi, di nazionalismo o sovranismo. Piuttosto è una scelta che indica rispetto per l’ambiente e per la cultura che in questo ambiente si esprime. Avere un’anima italiana, per una squadra che frequenta i vertici della Serie A, è sicuramente un punto di forza. Marotta l’ha ribadito dopo l’acquisto di Frattesi dal Sassuolo, con l’orgoglio di chi sa che – in modo più o meno diretto – sta anche rinforzando lo zoccolo duro della nostra Nazionale. Con i sei titolari italiani su undici (Darmian, Acerbi, Bastoni, Dimarco, Barella, Frattesi), che sono già maggioranza assoluta, l’Inter consolida una linea di tendenza che potrebbe espandersi con l’aggiunta di Sensi (per il momento c’è)"

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