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De Laurentiis: “Zielinski? Stiamo parlando. L’Inter non si sa di chi sia: chi parla a suo nome…”

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De Laurentiis ha parlato anche della scelta di Garcia: "Prima avevo pensato a Thiago Motta ma lui non se l’è sentita"
Matteo Pifferi Redattore 

Nel corso di un'ampia intervista concessa al Corriere dello Sport, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha parlato anche di Inter, oltre che del discorso Superlega:

«La posizione dominante di Uefa e Fifa, che oggi l’Europa censura, è servita a elargire bonus in cambio di consenso. Chi ha governato fin qui da monopolista non ha compreso che il calcio è un’impresa e ha bisogno di fatturati crescenti. Se io investo centinaia di milioni per partecipare a un circo che distribuisce noccioline, non fa utili e mi costringe a giocare sempre di più per tenere in piedi un carrozzone improduttivo, il gioco non vale la candela».


La candela adesso si è spenta. Lei ci soffiava sopra dal 2013, quando fu tra i primi ad attaccare il monopolio. Poi però non prese parte al blitz della Superlega. Perché?

«Non mi convinceva, lo dissi ad Andrea Agnelli. Mancava un avvicendamento di merito connesso al valore delle singole squadre».

Oggi sono venuti sulle sue posizioni. L’ad ha rilanciato l’idea di un campionato europeo aperto alla competizione. Eppure le prime reazioni sono tiepidine. Gli inglesi si sfilano, e anche in Italia sono più i “no” che i “sì”.

«Ma in Italia chi sono i veri imprenditori del calcio? RedBird sta in America. L’Inter non si sa di chi sia. Chi parla a suo nome fa i conti dei bilanci che…».

Inter Zhang

Garcia non era adatto a questo compito?

«Il primo che ho contattato è stato Thiago Motta. Non è che ci avessi visto male, eh? Ma lui non se l’è sentita. Perché sai cos’è? Tu vieni a prendere l’eredità di uno che ha vinto lo scudetto in quel modo. E se mi va male, ha pensato, io che cosa faccio? Che poi è la stessa cosa che avrà pensato Spalletti. Avrà detto: io esco da eroe da questa città. Ma chi me lo fa fare a rimettermi in gioco? Poi sono andato su Luis Enrique. Lui ha fatto venire a Napoli i suoi, mi ha tenuto tre giorni fermo, chiedendomi tantissimi soldi. Avevamo anche trovato un quasi accordo, ma poi ha detto di no, perché ambiva a guadagnare ancora di più. Ed è stata la volta di Nagelsmann. Ne ho consultati cinque o sei, non di più. Ma ho detto quaranta come boutade, per mischiare le carte. E alla fine sono arrivato su Garcia. Che in Italia aveva fatto due secondi posti con spogliatoi turbolenti, pieni di giocatori di grande livello».

Zielinski?

«Stiamo parlando».

Che vuol dire?

«Lui ha detto che voleva rimanere a Napoli tutta la vita. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo che, essendo un polacco, del sole e del mare gli interessa fino a un certo punto. Forse è abituato maggiormente a certe nebbie».

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