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De Santis: «La cupola? Penso che ci fossero solo dirigenti più bravi e forti di altri»

L’ex arbitro Massimo De Santis risponde alle domande di Repubblica sulla chiusura dell’inchiesta su Calciopoli Ma non poteva evitare di rinunciare alla prescrizione? «Così facevo la fine di Moggi condannato e prescritto. Io...

Lorenzo Roca

L'ex arbitro Massimo De Santis risponde alle domande di Repubblica sulla chiusura dell'inchiesta su Calciopoli

Ma non poteva evitare di rinunciare alla prescrizione?«Così facevo la fine di Moggi condannato e prescritto. Io invece voglio arrivare fino in fondo. Si prendano la responsabilità di condannarmi ingiustamente».

Cosa pensa che ci sia “in fondo”?«La verità. Questa inchiesta aveva anche un senso quando era partita. Nel mirino c’era la Gea. Quello era il problema. O meglio, uno dei problemi. Poi hanno voluto fare la virata sugli arbitri. E hanno fatto un casino. Si inventano la cosa delle sim svizzere, che però gli crolla».

Veramente è un caposaldo dell’accusa, in ogni grado di giudizio.«Io non ce l’avevo quel telefono. E l’ho dimostrato. La verità, mi chiedeva. La verità è che se il calcio aveva qualcosa che non andava, non erano gli arbitri. E infatti guardi cosa è successo dopo. È ricominciato tutto. Alla Roma hanno rubato uno scudetto, il gol di Muntari era due metri dentro, hanno messo gli arbitri di porta che non vedono gol che si vedrebbero pure dalla tangenziale. Ma anche cose più gravi, c’è Conte che viene coperto dalla Federazione e fa il ct, Gillet che si vende le partite e gioca come se niente fosse, Mauri che viene arrestato e fa il titolare. Magari sbaglia la procura, o magari no. Di certo tutti fanno finta di non vedere, di non capire. Il Parma fallisce: chi si è stupito? Lo sapeva la Covisoc, e la Figc, e la giustizia sportiva, dove oggi ci sono ancora quelli che hanno fatto il processo di Calciopoli e che erano stati messi lì dai dinosauri. Palazzi l’ha messo lì Carraro, mica io. Ecco, pensi a questo e poi mi dica, qual è la cupola?»

Me lo dica lei.«Le ho già risposto. Se vuole sapere di Moggi e gli altri, penso che ci fossero dei dirigenti che contavano più degli altri. Perché erano più bravi, più forti, più spregiudicati, o forse solo perché le grandi contano più delle piccole. Come oggi».