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Però le qualità si vedono anche lì.
«Certo. Se ti accorgi che le giocate in campo ti riescono, che riesci a saltare l’uomo, acquisti fiducia. E poi ha uno strapotere fisico da grande giocatore. Il suo è un cammino, la convocazione in azzurro è una spinta verso l’alto».
Il bello deve venire...
«È solo l’inizio. Anch’io lo mettevo trequartista o come mezzo che si buttava dentro. Se si gli può fare un appunto, è la discontinuità».
Lo dice anche Spalletti. E Daniel ha confermato.
«Però c’è anche l’altra faccia della medaglia: i giocatori di talento non possono correre per 90 minuti. È chiaro comunque che deve aumentare sicuramente il minutaggio del suo apporto alla squadra per eliminare quelle pause lì».
Però...
«Però chi ha in Europa quella grandissima tecnica abbinata a un fisico così? In questo sembra proprio papà Paolo, e se dovessi fare un paragone potrei dire De Bruyne. Daniel è un work in progress per arrivare a quel livello».
Che consiglio dargli?
«Un giocatore è fatto di tre componenti: atletica, fisica e mentale. A lui adesso manca quel pezzettino lì: la testa. Se elimina quelle pause psicologiche può fare l’ultimo passo per scalare la montagna e arrivare in cima».
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