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De Zerbi: “Brighton la squadra che mi somiglia più di tutte. Premier? Colpo di fulmine”

De Zerbi Trossard
Il tecnico del Brighton, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ha parlato della sua esperienza molto positiva in Inghilterra

Andrea Della Sala

Il tecnico del Brighton Roberto De Zerbi, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ha parlato della sua esperienza molto positiva in Inghilterra alla guida del Brighton?

«Io penso che se uno si comporta bene nella vita, fortuna e bene gli ritornano. In Ucraina è girata male, però mi sono comportato bene e ho avuto la fortuna di avere una chiamata così importante e prestigiosa. Ho accettato per due motivi: il primo è perché mi ero studiato la squadra e mi piaceva, anche se era un po’ distante dalla mia idea; il secondo è che il primo meeting a Londra con presidente, d.g. e d.s. è durato 5 ore, ma mi ha fatto capire tanto».

Quanto c’è del suo Shakhtar nel Brighton?

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«Tanto. All’inizio, sbagliando, facevo paragoni perché faticavo a togliermi lo Shakhtar dalla testa: sentivo come se mi avessero portato via una squadra che avevo costruito col presidente. Ma oggi dico che questo Brighton è la squadra che più di tutte mi somiglia, quella in cui mi riconosco di più caratterialmente, quella con cui ho avuto più rapporto umano, più sintonia».

Perché il Brighton è la squadra giusta per lei?

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«Perché è una società snella dove non c’è troppo casino e mi danno la libertà di lavorare come desidero e necessito. E poi la squadra mi piaceva: io e i miei collaboratori Andrea Maldera e Marcello Quinto prima di accettare abbiamo visto ognuno 3-4 partite, poi abbiamo pesato i pro e i contro. E abbiamo detto sì».

De Zerbi: “Brighton la squadra che mi somiglia più di tutte. Premier? Colpo di fulmine”- immagine 2

Le piace il calcio inglese?

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«Prima di venire qui non mi attirava. Invece è stato un colpo di fulmine. E oggi riconosco la fortuna di essere arrivato qui, in Premier League, ma anche quella di aver trovato una squadra così forte, con ragazzi giusti e persone per bene. E un’altra fortuna che ho avuto è che ho sostituito un allenatore che al Brighton aveva fatto un grande lavoro. Io pian piano ho ribaltato tutto, ma non toglie che avevo una squadra che aveva coraggio, sapeva stare in campo e lavorare».

Come l’ha trasformata in una che insegue l’FA Cup e la qualificazione Champions?

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«Ho messo 3-4 giocatori nuovi: Estupinian non giocava quasi mai, Colwill non giocava mai, Steele non giocava mai, Mitoma non giocava mai, Ferguson non giocava mai e Gross il terzino non l’aveva mai fatto. Sono differenze grosse, perché chi sposta sono sempre i giocatori».

Cosa c’è dietro il successo del Brighton?

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«Un’organizzazione societaria importante, con serietà delle persone. Il vero segreto è lo zoccolo duro dello spogliatoio: gente come Dunk, per me è uno dei 5 centrali migliori d’Europa, Gross, Veltman, Welbeck, Webster, Lallana, March, Steele. Il Brighton non deve stare attento a quando andrò via io, ma a quando questo gruppo di giocatori smetterà o andrà via».

Come reagisce quando sente Guardiola dire che sta cambiando la Premier, ha tutta l’attenzione su di lei?

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«Sono 10 anni che alleno e ho imparato a stare in questo mondo. Adesso che i risultati ci stanno sorridendo, complimenti e belle parole si sprecano. Però è importante saperli decifrare. Io non voglio cambiare niente, solo fare quello che sono capace: dare una mia idea e una mia impronta alla squadra. Qui credo di esserci riuscito in un breve periodo, ma il merito è dei giocatori: in poco tempo sono riuscito a riproporre quello che voglio e che in modi diversi ho fatto anche allo Shakhtar, a Sassuolo, a Benevento e a Foggia. Io voglio divertirmi e fare le cose a modo mio».

 

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