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Dell’Agnello, dall’Inter a Temptation Island: “Meritavo la Serie A, mi sentivo padrone…”

Dell’Agnello, dall’Inter a Temptation Island: “Meritavo la Serie A, mi sentivo padrone…” - immagine 1
L'ex attaccante nerazzurro, capocannoniere al Torneo di Viareggio nel 2011, è uno dei protagonisti del popolare programma tv
Fabio Alampi Redattore 

Da enfant prodige del settore giovanile dell'Inter a "tentatore" di Temptation Island, il popolare programma tv in onda su Canale 5. È la storia di Simone Dell'Agnello, che ai microfoni de La Gazzetta dello Sport non nasconde i rimpianti per una carriera calcistica che avrebbe potuto dargli molto di più: "Sognavo di esordire a San Siro. Resterà per sempre un rimpianto. Cercherei di scegliere meglio, con più calma. L'errore più grande forse è stato andare a Livorno, da livornese. Sbagli il primo passaggio e ti guardano già storto, al secondo ti fischiano. Mi sarebbe piaciuto avere a fianco qualcuno che mi insegnasse come funzionava il mondo del calcio dei grandi. Invece, l'ho imparato sulla mia pelle".

All'Inter andava tutto alla perfezione. Gol a raffica - 26 in 45 presenze -, allenamenti in prima squadra e una finestra spalancata con vista sulla Serie A. Cosa non è andato poi? C’entrano anche gli infortuni certo…


"Io la Serie A ero convinto di farla. E anche di meritarla. Dopo il Viareggio da capocannoniere all'Inter mi consideravano uno di loro. Ero l'attaccante più forte della mia età in Italia e in nerazzurro mi sentivo coccolato. Ho avuto un bellissimo rapporto con Leonardo, ma devo dire grazie anche a Benitez che mi portò in tournée. Ho pensato "vado in prestito un anno in B, faccio bene e poi torno subito su". Niente di tutto questo è accaduto. Mi sono rotto il crociato e l'Inter a giugno mi ha scaricato".

Scendere dalle stelle a 20 anni deve essere stato un duro colpo. Come se lo spiega il non essere stato aspettato?

"Passi in un giorno dall'avere l'autista e tutti i comfort del mondo a sentirti solo. Perdi gli sponsor, le attenzioni e di conseguenza la fiducia. Ti crolla tutto addosso. E non è facile accettarlo. Soprattutto se eri tra i più forti della tua generazione…".

Effettivamente i numeri nelle giovanili sono impressionanti.

"Dopo quell'anno in Primavera ero convinto di essere pronto a fare il salto. Ma d'altronde ero il centravanti titolare dell'Inter, mi allenavo con i grandi - e che grandi… - e giocavo in nazionale. Cosa si può volere di più? Ti senti padrone del mondo. Poi ci si mettono anche le feste, le ragazze e la sfortuna. È stato un mix di cose che non mi hanno aiutato".

Quando scendi poi, è sempre più difficile risalire...

"Sì, ma è un discorso soprattutto di testa. Senti di aver perso un treno. Guardi i tuoi compagni di nazionale che fanno l'esordio e tu invece sei fermo. È veramente frustrante. E se vedi, sono arrivati in tantissimi. Pensavo di meritarmelo anch'io, ma con i se e i ma si fa poco. Però sai ti alleni con Milito, Eto'o e Zanetti e un attimo dopo senti che ti è scivolato il sogno dalle mani. Ti attacchi a tutto, alla sfortuna, alle persone che hai intorno. L'ho vissuto come un trauma".

Che ricordi ha di quell'Inter?

"Fantastici. Una squadra pazzesca, che veniva dalla vittoria del triplete. Mi ricordo che in ritiro pranzavo tra Eto'o e Sneijder, roba da non crederci. Davanti avevamo i brasiliani Julio Cesar, Coutinho e Lucio.  Per uno che arriva dalla Primavera sembra di stare in un videogioco. L'ho vissuto come un sogno. Soprattutto se poi inizi a sentirti parte del gruppo. Lì ho pensato di avercela fatta davvero, anche perché si parlava di contratti, futuro e tante altre cose...".

La sua cartella clinica dice tre crociati in cinque anni, per di più in quelle stagioni in cui ci si aspettava il grande salto. Ha imparato a conviverci?

"Quando guardi il calcio di oggi pensi che a volte le cose vanno veramente al contrario di come dovrebbero. Però, si, devi conviverci sennò non vai avanti. Io sono passato da fare il gol che porta l’Italia al Mondiale Under 17 a giocare in C, ma mi sono rimboccato le maniche e mi sono pure tolto le mie soddisfazioni. Certo, sognavo una carriera diversa, ma sinceramente credo che non sia stata solo colpa mia. Anche se, ovviamente, ho le mie responsabilità".

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