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E così il giorno del trionfo per Zhang e il gruppo Suning si trasforma anche malinconicamente e drammaticamente in quello di un addio. Arrivato a Milano otto anni fa il colosso cinese aveva sin dall’inizio annunciato la scalata ai vertici del calcio europeo attraverso grandi investimenti.
Venendo a Oaktree: sta per ritrovarsi, senza averlo previsto tre anni fa, un club glorioso, tra i più importanti in Europa, costato appena 275 milioni (senza interessi). Il fondo dovrà però accollarsi l’enorme monte debitorio esistente (400 milioni). È presumibile - come accade in certi casi, vedi il fondo Elliott col Milan - che gli obiettivi siano quelli di gestire per un periodo la società, migliorare la situazione finanziaria e poi venderla ottenendo una ricca plusvalenza. Ci sta, i fondi non sono opere caritatevoli, né proprietari innamorati e tifosi del club: quello è il passato remoto, non più il presente del calcio internazionale. Ma l’Inter non è solo una società, rappresenta la metà nerazzurra di Milano ed è un patrimonio nazionale. Dovrà essere gestita con l’obbligo di tenere la società sui livelli attuali, quelli di un top club italiano che si sta avvicinando ai top club europei. Anche in questo caso l’esempio di Elliott quando rilevò il Milan (investimenti mirati, uno scudetto, una semifinale di Champions) risulta calzante.
Per questo senza pretendere da Oaktree spese folli, dovrà però mantenere la competitività raggiunta. Per riuscirci la mossa più naturale, già fatta trapelare, è quella di continuare ad affidarsi al management sportivo che ha fatto la fortuna dell’Inter in questi anni dimostrando di saper operare anche sfruttando le risorse provenienti dalle cessioni senza per questo diminuire le qualità della squadra. Il resto lo si vedrà nel tempo. Se qualche elemento del gruppo dirigenziale dovesse invece essere sostituito - come spesso accade nei passaggi di proprietà - meriterà di essere applaudito e ricordato come un grande protagonista del ciclo vincente dell’Inter.
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