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Il top, a livello giovanile, lo scudetto Primavera nel 2017.
«Arrivavo da un paio di stagioni di infortuni, l’ho vinto da capitano e da fuori quota. Non eravamo i più forti, però siamo riusciti a creare un gruppo dove si stava bene tra noi, c’era serenità nel lavorare. Una esperienza che porto con me oggi: la forza del gruppo».
Allenatore era Stefano Vecchi.
«Che mi preferiva Radu. Se non giochi sei un po’ offuscato dalla rabbia, certe scelte non le capisci. Quando sono cresciuto calcisticamente ho capito che fare l’allenatore della Primavera all’Inter chiede responsabilità. Mi ha detto una frase che mi è servita: “Radu ha più talento, però tu sei un gran lavoratore. È la tua strada, c’è chi arriva prima e chi dopo”».
Una strada da titolare in Serie C: Renate e Novara, nominato miglior portiere del girone A.
«Quando esci dalla Primavera credi di essere grande, ma sei un ragazzo. Avevo vinto lo scudetto e pensavo: “Ok, magari posso andare già in B”. Per fortuna sono stato consigliato bene dall’Inter e dal mio procuratore Carlo Alberto Belloni: la C è difficile, è un campionato sottovalutato, sei un portiere, hai bisogno di giocare. Non serviva convincermi, ascolto chi vuole il mio bene. È stata la decisione migliore, a confronto con gente che aveva famiglia e dieci anni di calcio giocato. Cresci».
Il modello?
«Oggi i portieri sono molto più coinvolti, in fase difensiva siamo una linea guida dietro. Io dialogo con Caldirola e Pablo Mari. Maignan sta dando molto in questo senso, ma io mi rivedo in Handanovic, un esempio negli anni all’Inter. Un leader silenzioso».
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