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Da una parte una grande mole di gioco creata, dall'altra lo zero nella voce reti realizzate. La serata di Kiev ha evidenziato la sproporzione tra quanto prodotto e quanto raccolto dall'Inter. Nonostante contro lo Shakhtar si è trattato della prima volta in cui la squadra di Antonio Conte è rimasta a secco, in questo primo scorcio di stagione in casa nerazzurra la difficoltà di raccogliere quanto 'seminato' rappresenta una costante. Dall'altra parte, il lato positivo è rappresentato da una squadra mai messa sotto sul piano del gioco e quindi mai in difficoltà vera se non in alcuni momenti del match.
Nella sfida dell'Olympiyskiy una percentuale di colpe va alla sfortuna, con le traverse di Barella e Lukaku, mentre una parte importante è legata all'errore tecnico di Lautaro Martinez a porta vuota. "Il film di Kiev, in fondo, mica è un inedito. Era già andato in onda all’Olimpico contro la Lazio (Lukaku e Lautaro a inizio ripresa), la storia si è poi ripetuta nel derby con il Milan (Hakimi) e in qualche misura anche all’esordio in Europa contro il Borussia Moenchengladbach" scrive La Gazzetta dello Sport.
La Rosea prosegue: "Lo chiamano killer instinct: è un difetto di fabbrica che Conte ha da tempo individuato, l’Inter è una macchina uscita così dallo stabilimento. Ma necessita di qualche accorgimento in corsa. Il tabellino di ieri in questo senso è una spia accesa, un allarme che suona: dieci tiri a tre per la squadra di Conte. E nove di quelle dieci conclusioni sono arrivate dentro l’area di rigore dello Shakhtar, indice dunque di pericolosità elevata degli uomini di Conte. Come a dire: l’orchestra funziona, manca l’acuto che emozioni il pubblico, decisivo per vincere le partite".
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