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Donadoni: “In Cina ci alleniamo da un mese e mezzo ma non sappiamo quando torneremo a giocare”

L'ex allenatore di Parma e Bologna racconta, a Repubblica, come la Cina debba essere da esempio

Matteo Pifferi

Intervenuto ai microfoni di Repubblica, l'allenatore dello Shenzhen FC Roberto Donadoni ha parlato così della possibile ripartenza del calcio in Cina, dopo l'amichevole giocata contro il Guangzhou di Fabio Cannavaro:

«Non sappiamo ancora la data esatta in cui ripartirà la Super League, speriamo a giugno. Ma ormai ci alleniamo con continuità da un mese e mezzo. E certamente quest’amichevole è stata la più importante. La settimana prossima l’Evergrande ci restituirà la visita: tra Guangzhou e Shenzhen c’è un’ora e quaranta di auto».

Le competizioni cinesi sono ferme da dicembre: non è aspettare Godot?

«No, i ragazzi sono pronti, la preparazione è adeguata. Semmai può incidere l’aspetto mentale: un’amichevole non è campionato».

La Serie A ha ancora meno certezze: consigli?

«È difficile darne: è una situazione inedita. Penso che l’essenziale sia adeguarsi alle circostanze, fare in modo che non si accumuli troppa pressione sui giocatori. Ce n’è già abbastanza».

La Fifpro, il sindacato mondiale, parla di rischio ansia, stress e depressione.

«Tutto dipende dalla maturità di ciascuno. C’è differenza tra individuo e individuo. Bisogna essere coscienti del fatto che ci si sta comunque preparando per ritornare alla propria passione. Giocare a calcio è innanzitutto un piacere. Non enfatizzerei troppo il tema stress: con quello che sta succedendo nel mondo, mi sembra un fattore marginale».

La ripartenza cinese è il modello da seguire?

«A Shenzhen, a parte misurazione della temperatura, mascherine e tamponi, tutto sta tornando normale. La Cina ha dovuto affrontare per prima la pandemia ed è riuscita a venirne fuori: inevitabile che se ne tragga insegnamento».

Le partite a porte chiuse?

«Un’incognita, ma più o meno a tutti noi è capitato di giocare in stadi vuoti, magari per qualche squalifica. Ci sono più contro che pro, si deve fare di necessità virtù e chi ci riesce si avvantaggia».

Il calcio che riparte sarebbe un fatto contro le parole?

«Lo sport, non solo il calcio. La priorità deve essere la salute, devono esserci tutte le condizioni. Se però ci saranno, sarà un segnale importante per tutti. Lo sport è praticato da tantissimi giovani, è parte essenziale della vita di ognuno di noi. La parola normalità, oggi, va messa tra virgolette. Ma il ritorno allo sport sarebbe un messaggio fondamentale».