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Dybala: «Mi costrinsero ad accettare l’offerta di Zamparini perché…»

In un’intervista a Repubblica Paulo Dybala si racconta e alcuni passaggi sono molto interessanti, come quando parla di suo padre:  morto quando aveva quindici anni: «Non c’era allenamento cui non mi accompagnasse. La malattia è stata...

Lorenzo Roca

In un'intervista a Repubblica Paulo Dybala si racconta e alcuni passaggi sono molto interessanti, come quando parla di suo padre:  morto quando aveva quindici anni: «Non c’era allenamento cui non mi accompagnasse. La malattia è stata lunga, la morte l’ho capita mesi prima che arrivasse. Mi manca moltissimo, però la sua assenza mi ha dato forza, maturità. Sono molto legato alla mia famiglia, mia madre è qui a Torino con me, ma sapevo che se volevo fare carriera non dovevo più dormire a casa, così a quindici anni sono andato a vivere nel pensionato del club. In Argentina si diventa uomini presto». 

Così presto da cambiare continente a diciott’anni? «Io mi ero immaginato di giocare due o tre anni nel River o nel Boca, prima di essere pronto per l’Europa. Ma un giorno è arrivato Zamparini con dodici milioni e sono stato costretto ad andare». 

Costretto? «Mi implorarono di accettare, perché quei soldi sarebbero stati la salvezza del mio piccolo club. Ma guarda caso il presidente è sparito poco dopo avermi venduto e adesso l’Instituto è di nuovo senza soldi, i miei vecchi compagni non sono pagati e tirano avanti grazie ai piccoli aiuti dei tifosi. Provo tanta rabbia perché il mio sarificio non è servito. E ho la sensazione di essere stato usato». 

Parlermo è stata la tappa giusta? «Sì, perché mi hanno accolto come se fossi lì da dieci anni. Però al principio è stata dura: non capivo la lingua né cosa succedesse, non avevo mai cambiato un allenatore prima e faticavo a credere che, come mi dicevano i compagni, con Zamparini era normale. La retrocessione è stata un trauma, ma poi al Palermo ho imparato quello che avrei potuto imparare al River o al Boca. Io volevo arrivare in una grande, il mio destino è stato arrivarci passando dalla Sicilia. I primi tempi non mi sentivo all’altezza. Ma sapevo che se avessi fatto le cose per bene tutto di sarebbe sistemato».