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L’Eca ha due rappresentanti nell’Esecutivo e, fino alla notte della secessione, uno era Andrea Agnelli. I club sono nella commissione interclub Uefa. Soprattutto, Eca e Uefa decidono assieme i formati delle coppe e vendono i diritti in joint-venture. Quando Agnelli presentò la Champions a 36, dicendo che era «ideale», ringraziò in particolare Van der Sar, dirigente Ajax ed Eca, per l’idea. Poi tutto è cambiato per Juve, Real e Barça. Ma non per gli altri club. Formalmente almeno.
Immediatamente dopo la sentenza, nel comunicato dell’associazione dei club si faceva notare che «attraverso l’Eca i club oggi sono già al centro del processo decisionale in relazione alle competizioni a cui partecipano». Naturalmente ne mancano tre importanti. Due sono i barricaderi Real Madrid e Barcellona. Il terzo è la Juve che ha formalmente abbandonato la Superlega ma non è mai (ri)entrata nell’Eca. Se si tratti di cautela per paura della famosa penale in caso di separazione, o se sia una mossa strategica in attesa di vedere dove tira il vento, si capirà presto: il progetto A22 ha bisogno di elencare chi sta con la Superlega in concreto, oltre le formule del torneo lanciato giovedì.
Nel Board presieduto da Al Khelaifi, numero uno del Psg, ci sono diversi “italiani”: Dan Friedkin, presidente della Roma e primo a schierarsi contro la Superlega dopo la sentenza, a smentire il luogo comune che gli americani vogliono solo tornei Nba; Alessandro Antonello, ceo dell’Inter, altro club che ha subito affiancato Nyon; e Valentina De Laurentiis, figlia del presidente del Napoli non così contento della Champions e dell’Uefa, per usare un eufemismo.
(La Gazzetta dello Sport)
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