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Ecco le 50 società  sportive più ricche al mondo secondo Forbes. Male l’Italia…

Lorenzo Roca

Anche quest’anno è arrivata la classifica di Forbes dei 50 brand più ricchi dal punto di vista del potenziale commerciale. Per quanto riguarda l’Italia, solo due le presenze nella lista e una situazione critica. Sul podio le 3 grandi del...

Anche quest’anno è arrivata la classifica di Forbes dei 50 brand più ricchi dal punto di vista del potenziale commerciale. Per quanto riguarda l'Italia, solo due le presenze nella lista e una situazione critica.

Sul podio le 3 grandi del calcio europeo e mondiale: Real Madrid, Manchester United al secondo posto e Barcellona al terzo. Quarta e quinta due franchigie statunitensi, una dalla MLB, i NY Yankees e l'altra dalla NFL, i Dallas Cowboys. Già, ma l'Italia? Al 21° posto c’è la Ferrari, uno dei due soli team di Formula 1 presi in considerazione dal mensile (l’altro è McLaren, 47°). La scuderia di Maranello ha un valore di mercato di 1,15 miliardi di dollari, cresciuto del 2,5 per cento nell’ultimo anno grazie al mantenimento di alcune partnership importanti come quelle con Philip Morris, Shell e Santander, che fanno da contraltare a un generale abbassamento del monte sponsorizzazioni di altri protagonisti del circo motoristico.

Al numero 37 troviamo invece il Milan, unico protagonista della serie A italiana all’interno di una graduatoria dal podio tutto calcistico (nell’ordine Real Madrid, Manchester United e Barcellona) ma nel suo complesso popolata soprattutto dai grandi sport americani come basket, football e baseball. Il brand Milan vale non meno di 945 milioni di dollari, ma il suo fascino continua a scendere a causa della contrazione dei ricavi e dell’impossibilità di sfruttare meglio l’impianto casalingo di San Siro, vecchio e non di proprietà. Problema, questo, comune a quasi tutte le squadre italiane ed estraneo a quasi tutti gli altri protagonisti della classifica di Forbes, indipendentemente dallo sport di riferimento.

Restando al calcio, che schiera appena sette società (oltre al Milan e alle tre big compaiono soltanto Bayern Monaco, Chelsea e Arsenal), la parte del leone in termini di immagine la fa il calciomercato. Non soltanto come generatore di competitività sul piano sportivo, ma anche come aggregatore dell’interesse di pubblico, media e altri sponsor intorno alla squadra: Forbes calcola ad esempio che oltre il 50 per cento della crescita realizzata dal Real Madrid negli ultimi tre anni, nonostante i risultati calcistici infelici, sia stata dovuta all’ingaggio di star come Cristiano Ronaldo che ha venduto 1,5 milioni di magliette col suo nome e portato in dote anche i suoi contratti individuali con Gillette e Audi. Cose che sono lontane anni luce dai nostri modelli di business abituali.

Detto degli stadi, l’altra nota dolente è rappresentata dai ricavi commerciali, colonna portante dei fatturati nella Top 50 di Forbes e fetta poco più che insignificante nella torta degli introiti italiani, di qualunque sport e in qualunque categoria. Il problema di fondo è che, in Italia, il merchandising legato allo sport non decolla, vittima della contraffazione. E poiché una delle variabili principali, quando si stipulano i contratti con le compagnie fornitrici, è la capacità di vendita delle divise ai tifosi che la squadra può portare in dote, i nostri club risultano annichiliti dal confronto. Basta osservare la graduatoria delle maglie più vendute nel periodo 2007-2012: tra le società marchiate Nike, Juventus e Inter insieme non raggiungono né Manchester né Barcellona, mentre per quanto concerne l'Adidas il Milan raggiunge a malapena un quinto delle vendite targate Real Madrid.

Potete trovare la lista completa delle migliori 50 a questo link: www.forbes.com/sites/forbespr/2013/07/15/forbes-announces-the-worlds-50-most-valuable-sports-team/