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Eriksen, 12′ di paura. Il viaggio al Rigshospitalet, poi la chiamata Facetime coi compagni

Andrea Della Sala

Dopo il malore accusato in campo durante la partita con la Finlandia, il centrocampista dell'Inter ha rassicurato i danesi

Nessuno si poteva aspettare una serata come quella di ieri. Durante Danimarca-Finlandia, colto da un malore, Eriksen si è fermato andato a terra. Attimi di terrore sullo stadio di Copenaghen. Si è risvegliato dopo dodici minuti, intubato su una barella sotto gli applausi di tutto il pubblico. Poi il viaggio in ospedale, ma al Rigshospitalet il peggio è ormai alle spalle.

"Dentro il Parken c’erano 15.900 spettatori, immobili, fermi, paralizzati dai pensieri, tramortiti dagli sguardi incrociati e disperati dei compagni di squadra di Eriksen. Chris si accascia quando in campo deve ancora scoccare il minuto quarantatré. Il primo a soccorrerlo è Maehle, difensore dell’Atalanta. Poi Kjaer. Entra lo staff medico della nazionale danese. Il primo a giungere nei pressi di Eriksen è Martin Boesen, il responsabile medico della nazionale. Qui non era certo questione di un colpo subito o di una caviglia in disordine. Tutti in campo fanno ampi gesti con le mani ai sanitari dello stadio di fare presto. E finalmente, dopo qualche attimo di indecisione, entrano in campo. E lì cominciano le manovre per far ripartire il cuore di Eriksen. Un massaggio cardiaco. Poi un altro. Un altro ancora. Il Parken è ammutolito. Perché la testa corre verso pensieri cattivi. Passano i minuti, sembrano giorni o settimane. Lo schermo dello stadio blocca qualsiasi tipo di immagine, i compagni di squadra del giocatore bloccano qualsiasi tipo di intromissione visiva, perché anche il dolore merita un po’ di privacy. Passano dodici lunghissimi minuti. Eriksen apre gli occhi, finalmente. Un compagno se ne accorge e fa un cenno di sollievo verso la tribuna, che recepisce: parte un boato coinvolgente, che accompagna l’interista verso l’uscita del campo, dalla parte opposta", racconta La Gazzetta dello Sport.

"È qui che scatta la fase due, la corsa in ambulanza verso il Rigshospitalet. Una corsa breve, per fortuna, se di fortuna si può parlare in casi come questi. Il Rigs è la struttura migliore di tutta la Danimarca, quella – per intendersi – di riferimento della famiglia reale danese. Eriksen viene portato al quattordicesimo piano dei sedici totali. Cominciano tutti gli esami del caso, cardiologici e non solo. E i primi responsi sono positivi. Eriksen arriva all’ospedale sveglio, cosciente. Con lui c’è la moglie Sabrina Kvist, la stessa che è entrata in campo alla ricerca di informazioni consolata da Simon Kjaer e Kasper Schmeichel. E pure il presidente della federcalcio danese, Peter Moller. È proprio Moller che scambia le prime parole con il centrocampista dell’Inter. Riferisce ai giocatori, che però vogliono capire bene, prima di dare l’assenso alla ripresa del gioco. E allora ecco che Moller organizza una chiamata Facetime tra Eriksen e i compagni. Chris li tranquillizza. Nei limiti del possibile. La squadra è divisa, le opzioni sono due: riprendere subito, oppure far slittare la gara al giorno dopo, ore dodici. Ne parlano i rappresentanti delle due nazionali con la Uefa. Alla fine si decide per ripartire subito", aggiunge il quotidiano.