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Silvia Priori, professore ordinario di cardiologia all'Università di Pavia e direttore del centro per le cardiomiopatie su base genetica dell'ICS Maugeri Pavia, ha parlato del caso Eriksen ai microfoni del Corriere dello Sport: "Il defibrillatore sottocutaneo è indicato nei soggetti giovani che hanno malattie del cuore che possono dare solo l'arresto cardiaco. E' più semplice e meno invasivo. L'altro è più sofisticato: può svolgere diverse funzioni quali controllare la frequenza cardiaca e la contrattilità del cuore".
Chi porta un Icd può tornare allo sport agonistico?
"Dipende dalla patologia che ha il paziente e dal perché viene impiantato. Ci sono patologie che si aggravano con lo sport e quindi un ritorno all'attività non è consentito".
La normativa italiana per ottenere l'idoneità sportiva è molto più restrittiva che altrove.
"E' vero e si tratta di una forma di tutela nei confronti del paziente. Non è così restrittiva senza motivo: l'obiettivo è evitare che le persone muoiano".
Quando ha visto le immagini di Eriksen, cosa ha pensato?
"Mi è sembrato un film visto molte volte, spesso in televisione, altre in ospedale. Il giovane atleta generalmente è un'icona di salute, ma la macchina del corpo può nascondere fragilità difficili da individuare prima dell'evento drammatico. L'attività clinica che svolgo insieme al mio gruppo è mirata allo studio dei giovani, molti sportivi, che hanno aritmie".
Qualcuno è tornato in attività?
"Molti non sono tornati all'attività perché clinicamente non erano in grado, ma anche perché non se la sono più sentita di tornare in campo o in piscina. Purtroppo non esiste una terapia per guarire queste patologie, ma solo strumenti per evitare un arresto cardiaco".
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