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Sven Goran Eriksson consiglia Simone Inzaghi. Attraverso le colonne de' La Gazzetta dello Sport, l'ex allenatore svedese lancia un messaggio al suo ex calciatore ai tempi della Lazio: "Può farcela ancora senza problemi, ma deve restare sé stesso".
Eriksson, ma adesso Inzaghi non è più padrone del proprio destino: come ci si comporta in questi casi?
"Innanzitutto, si è sempre padroni del proprio destino. Nel senso che facendo le cose per bene, avendo fiducia nel proprio gioco, alla fine i risultati arrivano. Questo scudetto dipenderà anche dal Milan ma, più che sulla classifica, bisogna soffermarsi sul campo: i primi mesi hanno detto che lo stile di Simone paga parecchio e porta alla vittoria".
Per lei in cosa consiste questo particolare stile?
«Un gioco bello, felice, una squadra che difende attaccando e risolve con quei due davanti, Lautaro più Dzeko. Simone ha dato un’impronta e dà spazio all’improvvisazione sempre dentro a una precisa organizzazione tattica: tutto questo non sparisce se incontri un momento di difficoltà. In una stagione le difficoltà capitano sempre e a fare la differenza è come reagisci quando le cose non vanno come vorresti».
Si è accorto quindi che in campo qualcosa non gira?
"Non seguo quanto vorrei, ma mai dimenticare l’importanza che in questa squadra avevano Hakimi e soprattutto Lukaku, uno dei miei attaccanti preferiti in assoluto anche se ora non sta giocando molto al Chelsea: anche se li sostituisci, è impossibile pensare che non sentirai la loro mancanza. Semmai, la differenza la fa il clima che l’allenatore ha creato nello spogliatoio".
Vede che l’empatia Inzaghi-giocatori non è stata dispersa?
"Proprio questo fa la differenza: ho sempre pensato che nel calcio il gruppo sia tutto. Senza un ambiente buono nello spogliatoio, i risultati non arriveranno mai. Anzi, dopo qualche sconfitta si scatena il caos. Se invece hai creato un mood positivo, proprio come ha fatto Simone, riesci a resistere e a stare in piedi".
Quale il consiglio migliore in questo momento?
"Io dico di comprare delle belle cuffie, indossarle e isolarsi dal resto. Che non significa non ascoltare i consigli o anche le critiche, ma andare avanti lungo la propria strada. Sono molte più le certezze che ha dimostrato in questa stagione che i dubbi dell’ultimo periodo. Per esempio la Champions ci ha detto molto...".
In che senso?
"Quante altre squadre possono vincere ad Anfield giocando poi in quella maniera? Alla fine c’è pure il rimpianto di non aver passato il turno, ma l’Inter ne è uscita più forte per lo sprint finale in campionato".
Secondo lei sarà sfida a tre fino alla fine con Napoli e Milan?
"E la Juve dove la mettiamo? Loro arrivano sempre, hanno il cinismo e l’abitudine alla vittoria. Di certo un campionato italiano così avvincente mancava da tanto: chi è impegnato a giocarsela avrà un po’ di ansia, stiamo meglio noi che la guardiamo dal divano, anche se io faccio il tifoso e dico “forza Inzaghi sempre”".
Simone è arrivato già oltre le sue aspettative?
"Quando giocava mi stupiva che sapesse tutto di tutti, conosceva ogni segreto di chi lo doveva marcare. Uno così è destinato ad allenare, ma da lì a vincere uno scudetto ne passa... E io gli auguro accada già quest’anno".
C’è qualcosa della vostra esperienza insieme alla Lazio che può servirgli nella volata?
"L’anno dello scudetto del 2000 abbiamo rimontato 9 punti, un po’ alla volta, con fiducia e pazienza. Stavolta Simone è molto meno indietro: l’impresa sarebbe più facile. Di sicuro, il ricordo di quell’esperienza lo può guidare. Ma io le rimonte le ho pure subite: mi brucia ancora quella dell’anno prima, del 1999, quando alla fine il titolo lo vinse il Milan. E pure nel 1986 alla Roma ho perso uno scudetto per un soffio. Ma Inzaghi lo sa, ogni esperienza rende un allenatore più forte".
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