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Eto’o: “Moratti un padre. L’arrivo all’Inter e la finale a Madrid: vi dico tutto”

Marco Astori

Le parole dell'ex centravanti ai microfoni di DAZN: "Inter? Ho le lacrime perché mi tornano in mente tutte le cose"

Intervenuto ai microfoni di DAZN nello speciale dedicato a Massimo MorattiSamuel Eto'o, uno degli eroi del Triplete dell'Inter, ha raccontato così il suo rapporto con il presidente e la sua esperienza in nerazzurro: "Era il mio presidente, ma non ho mai avuto l'impressione che lo fosse. Ho sempre avuto l'impressione che fosse mio papà, mi dava consigli e mi accompagnava in momenti difficili. Ma tutti i suoi giocatori hanno provato questa sensazione.

Mi ricordo il passaggio all'Inter come se fosse ieri. Mi ricordo di aver ricevuto una foto con la maglia numero 9 dal mio amico Jose che mi diceva: questa maglia e questo numero ti aspettano, vieni e vinciamo la Champions insieme. Moratti mi chiamò al telefono parlando un francese per cui ho fatto fatica a pensare fosse davvero lui: non aveva l'accento italiano, per nulla. Arrivai in una grande famiglia, con a capo il presidente più grande che il calcio abbia mai conosciuto e una delle persone più belle che ho conosciuto. A Madrid eravamo tutti felici come ragazzini che stavano per ricevere la bicicletta nuova: 11 mesi prima non avremmo mai pensato che ne saremmo stati capaci, ma uno tra noi era convinto di farcela.

In occasione della gara d'andata col Barcellona arrivammo allo stadio e Materazzi mi disse: "Fratello, come stai?". Avevo la musica, non sentivo: lessi solo le labbra e gli dissi "vinciamo". Prima della finale Jose mi passò la parola e mi permise di dire ciò che sapevo. Poi disse. "Qualcuno qui ha l'abitudine di vincerla". Io da giorni stavo giocando la partita nella mia mente, ero concentrato. Vedendo tutte quelle persone mi sono detto: "Se sono al 200% devo salire al 500. Bisogna tornare a Milano con la coppa. Quando passai la palla a Diego, aveva due opzioni: ma io dissi solo "mio Dio, chiudi la partita". Il mio cuore e la mia forza erano tutte nel suo piede: gli dicevo "fai la scelta giusta per il nostro popolo".

Ho le lacrime perché mi tornano in mente tutte le cose. C'è stato un momento in cui ho salutato i tifosi andando a battere un corner. E dietro la porta c'era un tifoso che piangeva che mi diceva: "Dai Samu, andiamo". E quest'immagine mi ha sfiorato quando ero sull'aereo e mi immaginavo quanti chilometri aveva fatto per essere lì con tutti i simboli dell'Inter. Mi sono detto: "Questo è il calcio". Prima di tutti andai a salutare Moratti e lui mi disse: "L'hai fatto". La mattina dopo arrivai a casa, mi sedetti: mia moglie era di fronte, pensai a tutte le cose che mi erano successe. Lei mi chiese: "Cosa c'è?". In quei momenti c'è bisogno che qualcuno ti tiri un pizzicotto e ti dica "torna tra noi".