Dopo un normale periodo di adattamento, Denzel Dumfries si è preso l'Inter. L'esterno olandese è già a quota tre gol, l'ultimo, quello segnato al Torino, ha portato tre punti importanti. "A chi mi chiedeva cosa pensassi delle difficoltà di Denzel in Italia, rispondevo: Non preoccupatevi di lui: se una cosa sembra difficile, la supera lottando. E da una situazione complicata ne uscirà migliorato", le parole di Alex Pastoor colui che lo ha lanciato tra i grandi, ai tempi dello Sparta Rotterdam
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L’ex allenatore di Dumfries: “Non teme le critiche. Ride poco? Colpa mia! A chi mi…”
Alex Pastoor è colui che ha lanciato Dumfries tra i grandi. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport racconta gli esordi dell'esterno
“Nelle ultime settimane è entrato nella parte, giocando bene e segnando. Penso stia crescendo molto come esterno a tutta fascia nel 3-5-2. Il gol contro il Torino è emblematico: quando l’Inter ha recuperato palla, Denzel era nella sua area. Con pochi passi, correndo al massimo della velocità per 80 metri, è arrivato al limite dell’area avversaria. Sono sempre stato incantato dai suoi passi lunghi, a mangiarsi il campo”.
Cosa ha visto in lui?
“Ho capito che era adatto per quel ruolo. È migliorato in modo incredibile: ha sempre avuto una gran voglia di imparare, che è tra le sue migliori doti. Oltre alla forza fisica e, soprattutto, alla mentalità: è un ragazzo molto intelligente e ha questa abilità nel focalizzarsi sui suoi obiettivi personali. È un gran lavoratore: dà sempre tutto dal punto di vista fisico per arrivare al massimo livello”.
Viene fuori il ritratto di una persona determinata prima ancora che di un ottimo calciatore.
“La sua testa mi ha sempre impressionato di più del fisico e della tecnica. Sa dove sta la sua vera forza? Che non gli importa di fare errori, anzi: impara da questi. E dietro a tutto questo c’è un ragazzo gentile, rispettoso e con grandi valori”.
Com’è il vostro rapporto?
“Lo chiamo appunto il mio ‘football child’, mi ritengo il suo padre calcistico. L’ho lanciato che era ancora molto giovane. Quando questo accade, un giocatore non ti dimentica più. Ma anche tu, come allenatore, non dimentichi. E infatti sono ragazzi, lui e gli altri, con cui ho ancora un ottimo rapporto. All’inizio sei come un padre, poi crescono e diventi un fratello maggiore. E poi un amico con cui magari non parlano ogni settimana, ma sanno che possono chiamarti in qualunque momento. Per questo ci sono gli amici”.
Avete mai parlato di Inter?
“No: se parliamo di calcio, allora il rapporto torna a essere quello tra allenatore e giocatore, con magari punti di vista diversi. Però mi ha parlato molto bene di Milano e dell’Italia, come Paese in generale ma anche come esperienza professionale. Anche la famiglia è molto contenta”.
Dove può migliorare?
“Ci ha messo poco a raggiungere il livello richiesto all’Inter e a migliorare anche il proprio stile di gioco. Penso che ora stia migliorando molto anche nell’affidabilità: adesso si possono fidare di lui, sia come persona sia come giocatore. Ha raggiunto un’ottima continuità nelle prestazioni, quindi non saprei dire un aspetto su cui può migliorare: sta seguendo una sua strada e penso sia quella giusta”.
È vero che non sorride mai?
“Ha il sorriso più grande d’Olanda! Sa una cosa? Forse è colpa mia. Gli ho sempre detto: ‘Goditi la partita, ma non esultare dopo un gol: si esulta solo alla fine della partita’. Però con me non segnava tanto: arrivava a mille all’ora nell’area avversaria e ho dovuto insistere per spiegargli che se esci dall’autostrada e vai in un centro abitato, devi andare più piano. E così succede nell’area avversaria: bisogna rallentare, alzare la testa e fare la scelta giusta. Ecco: penso che questo sia un aspetto su cui può ancora migliorare”.
(Gazzetta dello Sport)
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