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“Parliamo di una quindicina di ragazzi per squadra. Troppo pochi. Uno come lui lo notavi subito. Mi colpì la sua coordinazione nei movimenti. Nonostante fosse il più alto riusciva a coniugare il fisico e la tecnica, tant’è che durante i tornei gli davamo spesso la numero 10. Ogni tanto provava a segnare in rovesciata… e ci riusciva. Decise così una partita di un torneo, Si è distinto per diverso tempo nei nostri ‘Pulcini’, salvo poi giocare in tutte le categorie. All’inizio faceva la punta o il fantasista, poi ha fatto l’esterno destro con licenzia di rientrare, il mediano e infine il centrale”.
Nel modo più classico: “Mancava un difensore, Tomas era il più alto e si offrì di coprire quel ruolo. Andò talmente bene che nelle partite successive scelse di proseguire in quella posizione. Aveva talento”. E ambizione: “Vive e lavora per il calcio fin da quando ha nove anni. La sua è una famiglia umile, distinta, mai invadente. Lo ha sempre sostenuto in silenzio dagli spalti, senza mai interferire con una decisione dell’allenatore. A 16 anni ha lasciato la sua città per trasferirsi a Cordoba, a cinquecento chilometri più a Nord”.
“Se lo merita. Tomas ha sempre avuto il pallino dell’Europa. I nerazzurri impareranno a conoscere un ragazzo d’oro. E a Inzaghi do un consiglio: gli dia la libertà di dribblare. L’ha sempre saputo fare”
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