Fabio Cannavaro ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport. Tra i tanti temi toccati, si è parlato di cose vicine all'ambiente nerazzurro. Per citarne alcune: calciopoli, Facchetti, Ronaldo. Ecco gli estratti più interessanti.
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F.CANNAVARO: “IL PIU’ FORTE E’ RONALDO, NON CR7. INVIDIAI FACCHETTI PER…”
Fabio Cannavaro ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport. Tra i tanti temi toccati, si è parlato di cose vicine all’ambiente nerazzurro. Per citarne alcune: calciopoli, Facchetti, Ronaldo. Ecco gli estratti più...
Dopo Calciopoli lei non seguì la Juve in Serie B...
"Io dissi ai dirigenti: “Ho trentatré anni, posso ancora giocare due campionati. Se la squadra resta in A, anche con mille punti di penalizzazione io ci sono. Se va in B vorrei concludere altrove la mia carriera”. Il giorno dopo mi avevano venduto al Real. E lo capisco. Avevo ancora mercato ed era giusto che sfruttassero la coincidenza di interessi. Il Real è una portaerei gigantesca, ha tifosi in tutto il mondo. Allenatore era Capello, che mi stimava. Inizialmente fu difficile, c’erano molti problemi nello spogliatoio, separato tra brasiliani e spagnoli. E io di spogliatoi divisi nella mia vita ne ho visti, ricordo una terribile zuffa tra Zebina e Ibrahimovic, erano pure grossi tutti e due. A Madrid c’era grande attesa per me, avevo vinto il Pallone d’oro, ero campione del mondo. "
Chi è il giocatore più forte che ha incontrato. E tra quelli con cui ha giocato?
"Non ho dubbi, Ronaldo, il fenomeno, non CR7. Per la mia generazione è stato quello che Maradona o Pelè erano per le precedenti. Era immarcabile. Al primo controllo ti superava, al secondo ti bruciava, al terzo ti umiliava. Sembrava un extraterrestre. Tra i miei compagni di squadra, e pure ne ho avuti di stratosferici come Maldini, Thuram, Del Piero, Nedved, Totti, Ibra, io non ho dubbi: scelgo Buffon. Già a sedici anni era il Maradona dei portieri".
In mezzo però ci sono gli Europei in Olanda, quelli dovevamo vincerli…
«Avevamo sconfitto gli olandesi in dieci. In finale dominammo e, se fossimo stati più cattivi, avremmo potuto chiudere la partita prima. Ma, si sa com’è il calcio. All’ultimo minuto… A fine partita venne Gigi Riva, il mito dei miti, con gli occhi lucidi e mi disse che lui era vicino alla coppa e che quelli dell’Uefa stavano legando il nastro con i colori della nostra bandiera. Sembrava fatta. Poi.. Io me la rivedo come un incubo, quella palla. Me la sento passare sopra la testa. Ho saltato ma non l’ho presa. E’ l’unica volta che ho avuto il desiderio di essere come Brio o Facchetti. Se fossi stato due centimetri più alto saremmo diventati campioni d’Europa».
E nel 2006 contò che il gruppo si fosse rinsaldato per reggere alle polemiche esterne?
"Sono sincero, non credo che quella sia stata la ragione. Per noi Calciopoli era rimasta in Italia. Abbiamo vinto perché eravamo i più forti. Lippi due anni prima, quando ci riunì ci disse, a brutto muso: “Ma vi siete guardati? Siete i più forti del mondo, non c’è una squadra completa in ogni reparto come voi. Io sogno già la finale col Brasile. E la vinciamo”. Aveva ragione in tutto. Sbagliò solo la finalista. L’Italia sparagnina e catenacciara giocò la sua partita più bella, con la Germania, con quattro attaccanti, due terzini come Zambrotta e Grosso che spingevano, un regista non difensivista come Pirlo. Eravamo imbattibili. Lo avevamo dimostrato anche prima del Mondiale. Il punto più alto di un ciclo, di una generazione di fenomeni. Come nel 1982. E come speriamo torni ad essere presto".
Cosa ricorda della testata di Zidane?
"Il rumore. Un rumore secco e forte. Ero a tre metri da loro. Gigi arrivò dalla porta e mi disse che Zinedine aveva dato una testata pazzesca. In campo si dicono tante cose ma niente giustifica un gesto di violenza di quella natura. Zidane, da uomo intelligente com’è, se ne sarà certo accorto subito"
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