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Facchetti Jr: “Inter a Thohir? Anche mio padre avrebbe capito. Le tre cose…”

Gianfelice Facchetti figlio dell’indimenticato Giacinto, nell’intervista rilasciata per l’edizione odierna de La Stampa commenta la possibbilità che a breve le quote societarie dell’Inter possano passare in parte al...

Francesco Parrone

Gianfelice Facchetti figlio dell'indimenticato Giacinto, nell'intervista rilasciata per l'edizione odierna de La Stampa commenta la possibbilità che a breve le quote societarie dell'Inter possano passare in parte al magnate indonesiano Erick Thohir:

Che effetto fa avere un azionista straniero? "Non è poi lontano dalla nostra storia, l’Inter fin dalla nascita, dal 1908, aveva soci stranieri, certo non erano indonesiani ma non è la provenienza dell’investitore che mi preoccupa. Abbiamo visto dirigenti e giocatori italianissimi passare da una parte all’altra con totale indifferenza, essere nati qui non è certo una garanzia di comportamento o di affidabilità".

Quindi cosa la preoccupa? "Di base vedo questo ingresso come un’opportunità, ma ci vuole rispetto. Non si può perdere ilparticolare per il globale. Per ora la maggioranza resta in mano a Moratti e il suo nome è una garanzia".

Però l’idea sembra quella di passare tutto a Thohir... "Non so come stanno le cose, certo il calcio fa parte del mercato che ormai suggerisce o meglio detta le strade. Già la scelta della maglia rossa l’anno scorso è stata vista come una strizzata d’occhio all’Oriente, qualcuno si è indispettito. L’economia italiana è in difficoltà, cerca capitali freschi, il pallone è un marchio famoso e fa rumore però mi pare si stia seguendo la tendenza generale".

Chieda tre garanzie a Thohir? "Non perdere di vista il contatto con la piazza e con la gente che va allo stadio. Non fare passi azzardati e acquisire un sano pragmatismo lombardo. Ed evitare grosse promesse".

Si immagina cosa direbbe suo padre di questa cessione? "No, ma non pensate a lui come un conservatore. Ha vissuto icambiamenti drastici da quando era giocatore a quando è diventato dirigente e non si sarebbe scandalizzato. Era consapevoledelle esigenze di un club". 

In un solo giorno l’Inter ha venduto quote all’est e la pasticceria Cova è passata ai francesi. Milano non può più permettersi i suoi simboli? "E vi stupite? Io vedo solo bar e pizzerie in mano ai cinesi in città, può darsi che noi italiani ci siamo tirati indietro. Magari ora saremo spinti a recuperare un po’ di identità anche se non si può pensare di restare chiusi e impermeabili al mondo. Non funziona così, quello che conta è non perdere l’essenza. All’Inter come in pasticceria".

Thohir penserà a come vendere meglio il marchio l’Inter all’estero, il tifoso come reagisce? "Può diventare divertente. Mi immagino a parlare di Inter con un ragazzo di Hong Kong, condividere una passione è sempre bello. Quello che conta però è ricordarsi che i detentori del dna di una squadra sono i tifosi, siamo noi a determinarne il carattere e questo non ci può esseretolto dal 40 o dal 50 per cento venduto. È il legame tra chi si sente interista e chi va in campo che va salvato. Bisogna continuarea darsi del tu".

Non sembra che ora il tifoso abbia molti momenti di contatto con il campione. "Appunto.Ai tempi di mio padre bevevano il caffé insieme, adesso non succede più ed è logico, ma le star del pallone non possono stare sulla luna. Magari ora che l’indonesiano deve occuparsi di allargare il mercato si scoprirà che per espandersi al mondo bisogna recuperare il territorio.Umanizzare un po’ per comunicare di più. Anche in Indonesia".