In occasione di Inter-Atalanta, la Gazzetta dello Sport, ha intervistato in esclusiva, Gianfelice Facchetti, figlio di una delle bandiere storiche dell'Inter.Il figlio di Giacinto, in passato, ha giocato nelle giovanili dell'Atalanta: "Si vero. Due con i Giovanissimi, due con gli Allievi. Esperienza interessante, formativa. Una palestra di vita, lo spogliatoio, le rinunce, i sacrifici. A volte mi divertivo, a volte meno. Un anno con Prandelli? Andava oltre all’apparenza, gli orecchini, i capelli lunghi. Aveva capacità di dialogo. L’opposto del modello militaresco che faceva tendenza nei settori giovanili: il duro, il sergente di ferro. A un ragazzo di 16 anni lui diceva che tutti dovevano avere le possibilità di giocare, e così ero titolare due partite e altre due stavo fuori. Che portiere ero? Esplosivo, puntavo sulla forza. I miei modelli? Un po’ tutti, da Bordon, che era amico di papà, a Zenga. Ho imparato moltissimo da Pizzaballa, il preparatore, ma il riferimento era Preud’homme. Dopo le giovanili dell'Atalanta? Ho capito che non avevo le motivazioni giuste. E poi anche tra i dilettanti c’erano cose che non mi piacevano. Allenatori e d.s. che scimmiottavano quelli delle società importanti. Dinamiche che non capivo. Papà era rimasto deluso Non ha fatto una piega, sapeva che non avevo la sua testa , la sua determinazione. Quanto ha pesato il cognome? Poco o niente, papà era discreto e riservato, rispettoso degli altri, non imponeva scelte o idee. Preferiva nascondersi. Ricordo che lavoravo in una sera e ogni tanto andavo ad allenarmi con Castellini ad Appiano, ma mi cambiavo di nascosto in macchina. Non volevo farmi vedere, la discrezione deve essere un vizio di famiglia. Capisco però che avere un cognome importante è rischioso, ti spinge a strafare, a dimostrare quello che non sei. L'insegnamento di papà? Il rispetto per gli altri. Ripeteva che l’Inter era la casa di tutti e che bisognava entrarci in punta di piedi. Per esempio ci aveva educato a non chiedere le magliette dei giocatori. Se mi sono mai immaginato cosa sarebbe stata la mia vita da calciatore? No, a un certo punto ho fatto una scelta netta: il teatro. Più faticoso giocare o recitare? Sono attività molto simili, richiedono preparazione, cura dei dettagli. "
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Facchetti: “Papà mi ha insegnato cos’è l’Inter. Ho deciso di fare teatro perché…”
In occasione di Inter-Atalanta, la Gazzetta dello Sport, ha intervistato in esclusiva, Gianfelice Facchetti
(Gazzetta dello Sport)
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