Intervistato da Tuttosport, l'ex dirigente di Inter, Milan, Juventus e Napoli, Marco Fassone, ha parlato della possibile ripresa del campionato: "Sarebbe importante ma, dal mio punto di vista, non ci sono le condizioni per cui questo possa succedere, almeno nel breve periodo. Stiamo parlando di un’azienda dal fatturato enorme e dall’indotto straordinario che però ha peculiarità specifiche, ovvero si basa su uno sport di contatto. E, per avere un prodotto di qualità nel rispetto della salute, ci vogliono tempi più lunghi rispetto a quelli che occorrono alle aziende tradizionali".
ultimora
Fassone: “Inter e Milan, meglio due stadi. Deluso dalla debolezza della Lega Serie A. La mancanza di ricavi…”
Le dichiarazioni rilasciate al quotidiano Tuttosport dal'ex dirigente nerazzurro
"Dopo aver letto la sua proposta, che è molto affascinante, gli ho pure mandato un messaggino. Sono d’accordo con lui che il calcio adesso debba fermarsi e riprendere ad agosto o settembre nel momento in cui auspicabilmente ci siano le condizioni per giocare un calcio “vero”. Il nodo della sua proposta è il mercato estivo: le squadre infatti non potrebbero operare per non falsare i valori e salvaguardare la regolarità del torneo".
Si tratterebbe solo di spostare il mercato tra dicembre e gennaio.
"Vero, però il problema è che se tu sposti il mercato a fine anno rendi impossibile alle società di sistemare casse lesionate dal virus. Spostando troppo in là il mercato, a molti verrebbe a mancare l’ossigeno".
In tal senso, che mercato dovremo aspettarci?
"Il sistema economico dei club è a rischio perché non è stato ancora trovato un accordo con i calciatori e, se anche venissero ridotti gli stipendi del 20-25%, il taglio non compenserebbe comunque la mancanza di ricavi. Per cui le società avranno comunque un deficit a cui far fronte: alcuni, grazie agli aumenti di capitale degli azionisti ne verranno fuori, altri avranno bisogno di andare sul mercato in estate per ripianare le perdite cedendo i propri giocatori".
Quali sono i provvedimenti che vanno presi oggi per non mandare il sistema al collasso?
"Occorre mettere in atto misure strutturali: il fair play Uefa deve avere una sorta di “anno franco”, ovvero il bilancio di questa stagione non deve essere calcolato per l’ammissione alle Coppe. Inoltre i requisiti per partecipare ai prossimi campionati da parte della Federcalcio devono essere rivisti: perché, con i bilanci attuali, è impossibile per molti rispettarli. In pratica il sistema calcistico nel suo complesso deve adattare le norme finanziarie a una modalità che non penalizzi ulteriormente club che hanno problemi tanto grandi legati ai mancati introiti da diritti tv, sponsor e botteghino".
Cosa l'ha più delusa in queste settimane?
"La debolezza della Lega Serie A come istituzione. Agli occhi di un osservatore esterno com’è il sottoscritto in questo momento dispiace la percezione di una Lega in balia di idee e pensieri tanto diversi, questo mentre all’estero non si sognano nemmeno di dar vita a un dibattito feroce come quello in atto in Italia in queste settimane. Per chi investe nel prodotto piuttosto sarebbe importante che i presidenti avessero una visione univoca, per permettere al presidente di Lega di agire senza il timore di essere smentito due minuti dopo da uno dei suoi azionisti. Che diano finalmente forza a Dal Pino e De Siervo perché possano farsi loro interpreti di tutto il movimento. La Lega Serie A non può più apparire un mondo in guerra, dove tutto pare ingovernabile, un mondo dove sembra sempre che salti fuori uno pronto a dire che finirà al contrario rispetto a quanto si è parlato fino a cinque minuti prima. Per questo gli investitori si rivolgono alla Spagna, all’Inghilterra e alla Germania dove le Leghe danno di loro un’immagine di compattezza molto diversa rispetto a una “Confindustria” dove tutti minacciano querele, ricorsi e dove non c’è una sintesi perché i vari Del Pino e De Siervo non sono messi nella condizione di potersi esporre. E così, alla fine, prendono la scena sempre quei quattro, cinque presidenti più chiacchieroni".
Anche in questi giorni Milan e Inter proseguono i colloqui con il Comune sul nuovo San Siro. L’idea di uno stadio di proprietà diviso per due è comunque vincente, oppure crede sarebbe stato meglio che le società percorressero strade diverse?
"Nel periodo in cui sono stato amministratore delegato del Milan avevo portato avanti una strategia che era diversa perché in quel momento ritenevamo, in accordo con il Comune, che Milano fosse la prima città italiana pronta ad avere due stadi di grandi dimensioni con tutta una serie di benefici per la città e per entrambi i club. È evidente che scegliere di costruire uno stadio condiviso permette invece ai due club di spendere di meno e pure questo ha una sua logica. Io invece ancora oggi penso che una società avrebbe dovuto rimanere a San Siro che, con pochi accorgimenti legati alla riduzione della capienza, potrebbe essere ancora perfettamente funzionale. Questo mentre l’altra avrebbe dovuto costruirsi uno stadio nuovo, e Milano ha tre-quattro aree che si prestano benissimo in tal senso. Io, da amministratore, preferirei avere un mio stadio, di proprietà o in concessione, da non condividere però con nessuno".
© RIPRODUZIONE RISERVATA