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Ferrara: “Inzaghi ha personalizzato l’Inter. Adesso ha 40 giorni per…”

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Intervistato dal Corriere dello Sport, Ciro Ferrara ha parlato così di Juventus-Napoli, match di cartello della prossima giornata

Matteo Pifferi

Intervistato dal Corriere dello Sport, Ciro Ferrara ha parlato così di Juventus-Napoli, match di cartello della prossima giornata di A:

Juventus-Napoli è il Ferrara-day: cosa farà, Ciro, la sera dell’Epifania?  

«Sarò allo stadio, per commentarla su Dazn e per godermela. Me l’aspetto vibrante, nonostante le troppe assenze per Spalletti, queste sì condizionanti. E stavolta è una partita strana: nessuno può permettersi di perderla e persino il pareggio rischia di essere un risultato disprezzabile, in chiave-scudetto». 

Allegri e Spalletti, la Toscana a modo loro.  

«Di Max non c’era da fidarsi neanche quando era lontanissimo, in una situazione quasi surreale per la Juventus. E Luciano per mesi, ricordo i primi due, ha offerto uno spettacolo da restare sbalorditi». 

Cosa è cambiato?  

«Allegri si è imbattuto in una serie di vicende che hanno appesantito il suo lavoro, chiamiamole difficoltà inaspettate. E l’immagine della Juventus vistosamente zoppicante, onestamente era insolita. Però va anche aggiunto che non si può vincere sempre, prima o poi doveva succedere che il ciclo finisse e fosse necessario cambiare. Ma Allegri è la garanzia, che riprendesse la situazione in mano era una delle poche certezze che avevamo. Quanto a Spalletti, raramente s’è vista tanta sfortuna concentrata in sequenza. Ma lui non se ne è mai lamentato, ha tirato dritto, ha evitato gli alibi. E però adesso c’è pure la variante Coppa d’Africa». 

Cosa può cambiare?  

«Lo capiremo in fretta, perché dalla prima di ritorno saranno fuochi pirotecnici. Intanto, il campionato è vivo ad ogni livello: c’è lotta per il titolo; per la Champions, a cui aspirano anche la Lazio e la Roma; per l’Europa League e per la salvezza». 

Si aspetterà qualcosa da questo 2022?  

«Il mutamento continuo degli scenari. Il Covid ha falcidiato alcuni club, gli incidenti ne hanno frenato altri, non siamo in grado di fare previsioni ma sappiamo che c’è equilibrio: pensavamo che l’Atalanta prima e il Milan e il Napoli poi, stessero per fare il vuoto, poi è riemersa l’Inter, che pareva fosse in grandissima difficoltà e che invece ha capovolto le gerarchie». 

È stato (anche) bravo Inzaghi.  

«Gli va riconosciuto di essere intervenuto, personalizzando la squadra. Per me era la favorita ma so quanto fosse difficile ripartire senza Lukaku, Hakimi ed Eriksen. Ora l’Inter gli appartiene, è sua, l’ha caratterizzata. Ha quaranta giorni nei quali può scrollarsi di dosso le concorrenti più pericolose, penso a Milan e a Napoli che pagheranno a caro prezzo la Coppa d’Africa, o ritrovarsi nel mischione». 

Scelga la sua squadra preferita.  

«L’Atalanta, senza voler far del torto a nessuno. Ha ritmo, identità spiccata, un allenatore che mi piace per quello che lascia in ogni calciatore: in ogni partita c’è una atmosfera che sa di Champions creata dal suo modo di giocare. Però il Milan e il Napoli delle prime otto giornate, sono state da applausi». 

I club sono di fronte ad una rivoluzione filosofica, si può dire?  

«Ormai la discriminante è la qualificazione in Champions League, quei soldi sono irrinunciabili. Mi immagino le chiacchierate progettuali con gli allenatori delle fasce altissime: una volta, gli si chiedeva di vincere; adesso, è sufficiente entrare tra le prime quattro». 

La sorpresa?  

«Non una, ma quattro: Fiorentina, Bologna, Verona ed Empoli. Per freschezza, esuberanza, intraprendenza, per tante cose messe assieme. Fiorentina e Bologna, in prospettiva, possono persino coltivare ambizioni europee». 

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